Al Sakhir, Bahrain, seconda settimana di marzo. La stagione 2010 ha tutte le carte in regola per diventare un grande classico. Dopo la rivoluzione regolamentare del 2009, sfruttata magistralmente da BrawnGP e Red Bull per ribaltare le gerarchie consolidate da anni, Ferrari e McLaren hanno l’occasione di risalire la china. Le nuove F10 ed Mp4-25 sono state progettate intorno al doppio diffusore, trovata geniale introdotta un anno prima da BrawnGP, Williams e Toyota, sfruttando una zona grigia del regolamento che verrà corretta solamente nel 2011. Dai riscontri dei test sembra delinearsi uno scontro a quattro: Ferrari, McLaren, Red Bull e Mercedes detengono il favore del pronostico. La Casa di Stoccarda, pur rimanendo fornitrice dei propulsori di McLaren e Force India, ha rilevato nell’inverno il team campione del mondo, la BrawnGP, vera e propria Cenerentola della storia delle corse. Troppo ghiotta l’occasione, tanto dal punto di vista economico quanto sportivo: la W01 dovrà però scontare le risorse limitate della proprietà precedente, il che ne ha condizionato enormemente lo sviluppo iniziale a metà 2009, rendendola grosso modo una contenuta evoluzione della monoposto iridata. Troppo poco per poter puntare davvero al titolo, nonostante le aspettative del consiglio d’amministrazione.
Lo stravolgimento del regolamento sportivo cambia completamente la concezione dei Gran Premi dopo anni di corse dominate dai rifornimenti: le vetture non potranno più imbarcare carburante in sosta. Serbatoi molto più capienti permetteranno di coprire l’intera gara senza rabbocchi, rivoluzionando la gestione della corsa ed i carichi agenti sulle gomme Bridgestone, fornitore unico del campionato.
Dal punto di vista tecnico, la vettura più interessante è senza dubbio la Red Bull RB6. La nuova creatura di Adrian Newey estremizza i concetti della RB5, già rivoluzionaria in diversi aspetti tra i quali l’introduzione della sospensione pull-rod al posteriore. I punti di forza della monoposto sono due: gli scarichi soffianti nel diffusore, che generano livelli di carico aerodinamico mai sperimentati prima in F1, ed il FRIC, l’interconnessione idraulica a livello sospensivo. Gli avversari si avvicineranno, in quanto a prestazione pura, solo durante l’estate, quando introdurranno la medesima configurazione di scarico. Prima della partenza verso il Bahrain, sembra che solo l'affidabilità possa mettere in crisi la scuderia austriaca. Tra gli altri, colpisce l’F-Duct concepito dagli ingegneri McLaren: un condotto azionato dal pilota modifica un flusso d’aria interno alla vettura in modo tale da mandare in stallo l’ala posteriore, aumentando sensibilmente la velocità in rettilineo. Sarà adottato da quasi tutte le scuderie, seppur vietato per la stagione successiva, che vedrà l’introduzione del DRS: troppo rischioso vedere piloti staccare un mano dal volante per chiudere il condotto mentre guidano a 300 chilometri l’ora.
Mai come alla vigilia del 2010 la griglia di partenza risulta rivoluzionata rispetto alla stagione precedente. Tre sono le nuove scuderie, che portano a 24 il numero delle caselle sul rettifilo di partenza: Virgin, Team Lotus ed Hispania Racing Team sostituiscono la partente Toyota, grande Casa colpita dagli strascichi della crisi economica tanto quanto BMW, che ha abbandonato Sauber al proprio destino al termine del 2009, mandando il team elvetico nuovamente nell’orbita di Maranello. La rivoluzione, però, avviene tra i piloti. Difficile ricordarsi un mercato tanto scoppiettante. Il campione del mondo Button approda in McLaren, lasciandosi alle spalle la favola BrawnGP ancora prima che questa diventi squadra ufficiale Mercedes. Alonso passa dalla Renault alla Ferrari, sostituendo Raikkonen, che abbandona momentaneamente la carovana. Oltre a tanti altri cambi di casacca e giovani piloti protagonisti nelle neonate scuderie, il nome che riempie le pagine dei giornali è uno solo: Michael Schumacher. Il sette volte iridato tedesco torna a correre, sposando il progetto tutto teutonico delle frecce d’argento, dove trova Nico Rosberg ad affiancarlo.
Grandi piloti, scuderie competitive e 19 imprevedibili corse a cavallo di quattro continenti. La nuova stagione di F1 può iniziare.
GRAN PREMIO DEL BAHRAIN
Prima corsa, prime sorprese. Il Gran Premio si disputa per la prima volta sul tracciato versione ‘endurance’, il che ne riduce drasticamente la velocità media sul giro a causa dell’aggiunta di un settore tortuoso e molto lento. Button, il campione del mondo, esordisce su McLaren conquistando solo l’ottava posizione in griglia, mentre Schumacher viene battuto dal compagno Rosberg, eventualità per quanto prevedibile mai realmente presa in considerazione. Vettel scatta benissimo dalla pole position, seguito da Alonso che sopravanza all’esterno della prima curva il compagno Massa, mentre dietro seguono Hamilton, Webber, Button e Rosberg. La Renault, in particolare con Kubica, sembra potersi avvicinare alle prestazioni dei grandi, mentre a centro gruppo battagliano Williams (motorizzata Cosworth), Sauber, Toro Rosso e Force India (velocissima nei rettifili), seguite dalle scuderie esordienti dotate di monoposto ancora troppo acerbe e lontanissime nelle prestazioni. La corsa vive una monotonia pressoché continua, con il disegno della pista che amplifica i distacchi anche più delle difficoltà di gestione delle coperture dovute al grande caldo. L’unica sosta ai box, scelta comune alla maggioranza dei piloti, non ha effetti dirompenti in termini di classifica: la vittoria di Vettel sembra solo questione di tempo. Il giovane tedesco, però, con il passare dei giri comincia a rallentare: una candela difettosa pregiudica il corretto funzionamento di uno degli otto cilindri del suo motore Renault. Difendersi da Alonso, Massa ed Hamilton è impossibile: chiuderà quarto. Alonso vince così il primo Gran Premio disputato in tuta rossa, con la Scuderia che conquista una storica e convincente doppietta: la F10 non è ancora al livello della Red Bull, ma le premesse sono ottime. Le due Mercedes si piazzano al 5° e 6°posto, precedendo Button e Webber, mentre chiudono a punti Liuzzi su Force India e Barrichello su Williams.
CLASSIFICA: ALO 25, MAS 18, HAM 15, VET 12, ROS 10.
GRAN PREMIO D’AUSTRALIA
Arriva la pioggia a stravolgere tutto in Australia. Una corsa che sembrava riproporre il canovaccio del Bahrain, con le Red Bull che stavolta occupano l’intera prima fila relegando Alonso in terza posizione (staccato di soli due decimi dalla pole), si trasforma in puro caos quando uno scroscio di pioggia pochi minuti prima della partenza obbliga i piloti a partire con gomme intermedie. Vettel scatta benissimo, seguito da un prodigioso Massa rimontante dalla quinta casella. Il vero colpo di scena avviene alla prima, insidiosissima staccata. Alonso, partito male, si gira e precipita in fondo al gruppo a causa di un contatto a tre con Button e Schumacher. Hamilton rimonta furiosamente dalla 11° posizione a cui lo avevano costretto delle qualifiche sfortunate, mentre le Red Bull sfruttano l’ottimo carico aerodinamico staccando il resto del gruppo. Le gomme Bridgestone lo hanno dimostrato in Bahrain: sono dure, resistenti, costanti. Chi passerà per primo alle slick potrebbe ottenere un vantaggio difficilmente colmabile, non dovendo più tornare ai box visto che la gara bagnata non obbliga all’utilizzo di entrambe le mescole presenti in Australia. 6° giro, ed in pit-lane compare Button: lui, il mago delle condizioni miste, durante le quali scriverà grandi pagine della propria carriera, soprattutto in McLaren. Monta le gomme soffici, ha qualche difficoltà nel portarle in temperatura tanto che compie un’escursione nella ghiaia, ma la mossa paga. Dopo la girandola degli stop si ritrova secondo, dietro al solo Vettel. Il tedesco sembra avere, per la seconda volta in poche settimane, la corsa in pugno. Stessa storia, stesso epilogo, anzi peggiore: al 26° passaggio cede il freno sinistro della RB6, costringendolo al ritiro. Button può involarsi verso una vittoria meritatissima, seguito da un sorprendente Kubica, il quale esalta una Renault discretamente competitiva ed una strategia perfetta. Dietro, il caos. Alonso, Massa, Hamilton e Webber rimontano posizioni su posizioni, finendo per duellare meravigliosamente anche tra loro stessi. Alla 56° tornata su 58 l’asturiano, bloccato dietro Massa che non obbedisce ad un ordine di scuderia a suo sfavore, viene attaccato dal rientrante Hamilton, forte di coperture più fresche. Webber intravede uno spiraglio nel duello, tenta di infilarsi tra i due ma tampona l’inglese: terminerà fuori dai punti, con Hamilton 6°, ed Alonso 4° dietro a Massa. Il brasiliano vuole in tutti i modi dimostrare di valere quanto Fernando, di non essere stato minimamente intaccato dal terribile incidente subito a Budapest l’anno prima. La Malesia darà qualche risposta in più.
CLASSIFICA: ALO 37, MAS 33, BUT 31, HAM 23, ROS 20.
GRAN PREMIO DELLA MALESIA
Non c’è due senza tre, si direbbe. Ed allora Sepang dovrebbe terrorizzare Vettel e Webber. Una supremazia netta, anche se mai totalmente schiacciante, sia in Australia che in Bahrain non si è trasformata in vittoria. Sebastian, pilota meglio piazzato tra i due, ha poco più della metà dei punti del quinto classificato Rosberg, al volante di una Mercedes veloce ma mai competitiva. Serve una reazione, serve capitalizzare il potenziale a disposizione. L’occasione viene servita su un piatto d’argento al sabato da Ferrari e McLaren: tradite da un temporale sì improvviso, ma correttamente previsto da tutti, entrambe non superano la tagliola del Q1. La rimonta nell’umidità malese sarà quanto mai complessa. Webber parte primo, Vettel terzo. A separarli Rosberg, che terminerà sul gradino più basso del podio davanti a Kubica e Sutil (Force India), ottimi nello sfruttare il ritardo della rimonta di Ferrari e McLaren. Grazie ad uno scatto felino ed una staccata perfetta al primo tornate sarà Vettel a vincere la corsa, seguito dal compagno, al termine di 56 giri senza storia. L’unico colpo di scena è la rottura del motore di Alonso, mentre duella con Button per l’ottava piazza: alla Ferrari sarà permesso di modificare la propria unità per prevenire ulteriori cedimenti. La Red Bull ha iniziato a vincere, e non la si può lasciar scappare.
CLASSIFICA: MAS 39, ALO 37, VET 37, BUT 35, ROS 35.
GRAN PREMIO DELLA CINA CORSA CHIAVE
L’edizione 2010 del Gran Premio cinese viene ricordata dagli addetti ai lavori soprattutto per l’agitazione che imperava nel paddock riguardo al rientro in Europa: i voli cancellati a causa dell’eruzione del vulcano Eyjafjöll – quello che costrinse il Barcellona a viaggiare verso Milano in pullman per la semifinale di Champions League - crearono immensi grattacapi logistici. Eppure, la corsa fu realmente spettacolare. Memorabile, ancora grazie alla pioggia, come in Australia.
Il tracciato alle porte di Shangai ha una particolarità unica: la corsia box introdotta da una curva secca a sinistra, che si trasforma nel luogo più insidioso del calendario in caso d’asfalto umido. Maggiori le insidie, maggiori i guadagni per i più coraggiosi. Ancora una volta le Red Bull occupano l’intera prima fila, ancora una volta seguite da Alonso. Lo spagnolo vuole tornare subito in testa alla classifica, e sa che una partenza perfetta può significare tantissimo viste le prime gocce di pioggia sul casco. Tutti sono convinti che pochi giri dopo il via i piloti dovranno passare alle intermedie. Fernando scatta troppo presto: ha anticipato lo spegnimento dei semafori. Dovrà pagare un Drive Through, il che complicherà enormemente la sua corsa. Le Red Bull conducono la gara, seguite da un gruppone che comprende Mercedes, Renault e McLaren. Dopo una decina di giri la pioggia diventa abbastanza consistente da suggerire il tanto atteso pit-stop: qualcuno rientra, qualcuno non rischia. Hanno ragione i secondi: Rosberg si ritrova a condurre la corsa davanti al solito Button ed a Kubica, mentre tutti gli altri, costretti a montare nuovamente pneumatici da asciutto, rimangono lontani. Si accende la lotta tra Hamilton e le Red Bull, tanto all’entrata della corsia box, quanto tra i meccanici per il cambio gomme ed i piloti in pista. Verso metà gara arriva davvero il momento di passare alle intermedie, e lo si comprende senza ulteriori dubbi quando Rosberg viene passato da Button in seguito ad un lungo. Molti team sono costretti al doppio stop: i piloti lo sanno, e nessuno vuole rimanere bloccato dietro al compagno. In particolare non lo desidera Alonso, che svernicia letteralmente Massa mentre il brasiliano approccia la curva a sinistra in entrata della corsia box. Sono 11° e 12°: più che per la posizione, la lotta riguarda la supremazia in squadra. La corsa viene in seguito neutralizzata a causa di un incidente tra Algersuari (Toro Rosso) e Senna (HRT). Alla ripartenza si scatena nuovamente il confronto tra Hamilton, Webber e Vettel: ha la meglio il primo, mentre il tedesco perde posizioni a causa di un danno all’ala anteriore. Alonso rimonta velocemente, ma non basta, terminerà 4°. Vince Button davanti ad Hamilton e Rosberg, per il primo podio interamente motorizzato Mercedes dal 1955. Mentre nel paddock infuriano le polemiche sulla legalità del FRIC Red Bull (gli austriaci negano abbia funzioni aerodinamiche, il che ne decreterebbe l’illegalità), Webber e Vettel si confrontano animosamente ai margini del parco chiuso: nubi scurissime si addensano all’orizzonte.
CLASSIFICA: BUT 60, ROS 50, ALO 49, HAM 49, VET 45.
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