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Immagine del redattoreLuca Ruocco

Accanto a Leclerc - Parte Bonus: Leclerc


Marco Canoniero / Shutterstock.com

Nelle parti precedenti abbiamo passato in rassegna tutte le possibili alternative rispetto a chi, dal 2021, potrà affiancare Charles Leclerc in quella che sarà, a tutti gli effetti, una nuova era per la Formula 1. Partendo da Vettel (qui l’articolo a lui dedicato), dal provare a comprendere come le legittime aspirazioni di un pluricampione del mondo possano amalgamarsi a quelle di una Scuderia che sembra aver scelto con fermezza il cavallo su cui puntare nel futuro, siamo arrivati a ponderare pro e contro per gli altri piloti più o meno lontani dalla galassia Ferrari (qui la seconda parte dell’inchiesta).


In mezzo a tutti questi ragionamenti, queste congetture, utili forse solo a riempire l’attesa della discesa in pista a Barcellona delle nuove monoposto, quasi ci si dimentica di un pezzo del puzzle. Quello, in fondo, più importante: Charles Leclerc.



Più o meno velatamente, con riferimenti più o meno espliciti, la figura del monegasco è stata in realtà protagonista principale di tutta questa inchiesta. Perché la scelta del pilota che condividerà con Leclerc il box dipende, più che da ogni altra valutazione, da Leclerc stesso. Non può che essere così: il rinnovo fino al 2024 ha i connotati di una vera e propria investitura. Non definitiva, certo – nulla lo è nel mondo dei GP –, ma tanto silenziosa quanto perentoria. Il 2020, al di là delle aspirazioni iridate in larga parte dipendenti dalla SF1000, è la vera e propria prova del nove per Charles. Il messaggio che arriva da Maranello è chiaro: il ciclo che si sta provando a costruire ha in Leclerc una delle pietre d’angolo, e non solo per l’oggettivo talento mostrato tanto nelle categorie minori quanto nelle prime due stagioni in F1 passate tra Alfa Romeo e Ferrari. Binotto e Camilleri sanno di poter raffinare quella che più volte è stata definita una squadra giovane intorno ad un pilota altrettanto fresco, affamato di un appetito di trionfi difficilmente saziabile da successi di tappa. Il tutto, ancora per qualche (breve) tempo, a fronte di uno stipendio non eccessivamente stellare. Se Leclerc dovesse confermare, o addirittura enfatizzare, la superiorità nei confronti di Vettel anche nella stagione che comincerà mercoledì prossimo in Catalogna, il ruolo di prima guida in Ferrari sarebbe definitivamente suo. Il che significherebbe, inevitabilmente, la ricerca di un profilo per la seconda vettura rossa il più possibile compatibile con le ambizioni di dominio del monegasco. Almeno secondo logica: l’opzione Hamilton non tramonterà almeno fino a quando non ne sarà annunciato il rinnovo con Mercedes, ma le chance dell’inglese saranno inversamente proporzionali al successo della stagione di Charles. Tanto più il monegasco saprà migliorare le già impressionanti prestazioni, tanto meno Lewis rappresenterà un’alternativa credibile e positiva per il clima in squadra.


Ruolo di prima guida, assalto al titolo mondiale. Insomma, Charles Leclerc può sopportare tutto questo? Gli è stata posta più o meno la stessa domanda al Teatro Valli di Reggio Emilia, dopo la presentazione della SF1000. Lui ha risposto con un semplice e diretto: ‘devi credere in te stesso.’ Niente di scandaloso, certo, non si è mai visto un pilota di F1 che non pensi di essere il migliore, è nella natura di ragazzi che sfidano la fisica viaggiando sulle auto più veloci del pianeta. Ma se c’è un aspetto che più di altri ha colpito nella stagione 2019 di Leclerc, è stata la capacità di far sembrare gesti sportivi complicatissimi delle azioni, tutto sommato, semplici. La naturalezza mostrata in diverse occasioni, più volte sfociata in una spietatezza gentile ma irrefrenabile (il sorpasso in Bahrain non autorizzato su Vettel, le difese strenue della posizione su Verstappen, la pole di Sochi), non può non essere considerata interrogandosi riguardo l’esistenza di un grande campione dietro a Charles. Nel corso della Storia, tutto sommato, ad ogni grande fenomeno dell’automobilismo è corrisposto un momento ‘rivelatore’, di definitiva consacrazione: il diluvio di Monaco 1984 per Senna, la qualifica di Spa nel 1991 per Schumacher, Imola 2005 per Alonso, Barcellona 2016 per Verstappen. Diventa significativo, ed esaltante per i tifosi della rossa, poterne identificare almeno due nella stagione 2019 di Leclerc: la difesa della posizione su Verstappen a Silverstone, così come quella su Hamilton a Monza, sono momenti che da tempo, in testa ad una corsa di F1, si faticavano a vedere. Un pilota che resiste, pur guidando una monoposto inferiore, all’avversario arrembante. Un gesto che ha scritto pagine storiche dell’automobilismo ma che è stato reso pressoché impossibile dall’avvento dello sciagurato DRS.



Leclerc deve superare ancora troppe prove perché lo si possa reputare a scatola chiusa il futuro leader indiscusso della Ferrari. In particolare, dovesse la SF1000 rivelarsi una vettura da titolo, il monegasco si ritroverebbe davanti ad una sfida ancora maggiore rispetto a quella vissuta da Hamilton, con successo, nel 2008: vincere un mondiale alla prima occasione utile. Qualcosa riuscito a pochi, pochissimi piloti nell’olimpo dei campionissimi. Lo stesso Hamilton, con la campagna 2007, dimostrò quanto la pressione di un titolo iridato possa giocare scherzi bruttissimi ad un pilota. Tante altre sfide, indipendentemente dal valore della nuova rossa, caratterizzeranno la stagione di Charles: gestire la sempre crescente popolarità, saper indirizzare maggiormente lo sviluppo tecnico della monoposto, migliorare la gestione complessiva della corsa. Tutti aspetti nei quali l’esperienza gioca un ruolo imprescindibile.


La Ferrari ha teso una mano a Charles Leclerc, compiendo un gesto al limite del clamoroso viste le abitudini della Scuderia. Ha scommesso su un ragazzo che, come abbiamo visto, ha ancora moltissimo da dimostrare. Se lo ha fatto, però, è perché ha visto nel monegasco il pilota assieme al quale costruire il futuro. Dovesse riuscire ad afferrarla, quella mano, potrebbero essere dolori. Per gli altri, però.

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