Adelaide 1986. Uno di quei GP che promette di entrare nella Storia prima ancora che le vetture scattino dalla griglia di partenza. Perché la classifica regala tre piloti a giocarsi il titolo prima dell’ultima corsa, tutti e tre tenuti in gioco da possibilità tanto aritmeticamente quanto sportivamente concrete. Nigel Mansell e Nelson Piquet, i piloti della Williams, sono separati da sette lunghezze: 70 punti l’inglese, 63 il brasiliano. Tra loro, a quota 64, il campione del mondo Alain Prost su McLaren. Francese, giovane, velocissimo ma soprattutto regolare, il Professore, così lo chiamano, ha saputo rimanere in gioco approfittando della faida tra i due alfieri di Frank Williams. Piquet e Mansell, infatti, non si sopportano tanto in pista quanto nella vita fuori dai circuiti. Il brasiliano è estroverso, brillante, insomma il prototipo del pilota rubacuori anni ’80, ma quando è chiamato a lavorare su assetti, test e perfezionamento della vettura diventa instancabile. Tutto il contrario di Nigel: taciturno, scontroso, istintivo. Refrattario, soprattutto, alla ricerca meticolosa del set-up vincente. Gli basta una vettura competitiva, il resto lo mette lui. La FW11 lo è, eccome se lo è. Ma a furia di rubarsi punti a vicenda, nessuno dei due piloti che ha la fortuna di guidare la monoposto motorizzata Honda si è potuto involare verso la conquista del titolo. Lasciando così a Prost, sulla iper-collaudata ma ormai superata MP4-2 a motore TAG-Porsche, la possibilità di rimanere in corsa per il titolo.
Non bastasse la tensione del titolo in palio, dopo le qualifiche le prime due file dello schieramento di partenza vedono Mansell e Piquet seguiti da Senna e Prost. Il giovane, velocissimo paulista, vincente due volte in stagione con la Lotus, è da tempo fuori dai giochi iridati, a causa di un’affidabilità troppo scarsa della vettura nero ed oro e del turbo Renault che la equipaggia. Ciò non toglie possa rivelarsi l’ago della bilancia in corsa. Il sistema di punteggio prevede, nel 1986, punti ai primi 6 (assegnati secondo la sequenza 9-6-4-3-2-1) e la possibilità di effettuare lo scarto dei due risultati peggiori stagionali, pratica consolidata ai tempi dato l’enorme numero di ritirati presente alla fine di ogni corsa. A Mansell basta quindi un terzo posto finale nel GP d’Australia, qualunque sia il risultato degli avversari, per conquistare la sua prima corona d’alloro. Prost e Piquet, invece, devono entrambi necessariamente vincere con l’inglese almeno quarto. Nessun’altra combinazione sarebbe a loro favorevole. Le variabili principali che decideranno il vincitore della corsa sembrano essere tre: il consumo carburante, aspetto riguardo il quale il motore Porsche mantiene un discreto vantaggio rispetto all’unità Honda; la durata degli pneumatici, con il fornitore unico Goodyear che rassicura i partenti riguardo la possibilità di portare a termine la corsa senza soste; infine, il cielo molto nuvoloso non scongiura completamente l’eventualità di rovesci improvvisi.
Le vetture scattano in modo ordinato, l’attenzione si concentra inevitabilmente sui primi. Senna balza brevemente in testa, prima di venire sorpassato dalla McLaren di Rosberg, partito dalla settima casella. Il finlandese, campione del mondo 1982, è alla sua ultima gara prima del ritiro. Come indemoniato, sfrutta al meglio il passo gara eccellente della monoposto di cui dispone, senza soffrire della potenza massima inferiore dell’unità Porsche di cui aveva risentito sul giro secco. La strategia del team guidato da Ron Dennis è chiara: costringere gli avversari a spremere al massimo le loro vetture, in particolare le Williams, sperando che da ciò possano derivare errori o rotture meccaniche. La Lotus di Senna perde molto velocemente contatto rispetto ai primi quattro, con Piquet unico a mantenere contenuto il distacco nei confronti di Rosberg mentre Prost, come da programma, imposta un ritmo in crescendo, andando con il passare dei giri all’attacco di Mansell, guardingo come non mai. In fondo, l’inglese deve solamente evitare rotture meccaniche e non staccarsi troppo dagli avversari: agguantare il terzo posto anche a pochi giri dalla fine sarebbe più che sufficiente. Basta aspettare qualche giro perché la tattica dia i suoi frutti.
Alla ventiduesima tornata sulle ottantadue previste accade il primo colpo di scena. Mentre Rosberg conduce con tranquillità la corsa, mantenendo una decina abbondante di secondi di vantaggio sui tre avversari (il resto del gruppo è già quasi tutto doppiato, Ferrari comprese), il Professore induce Piquet al primo errore della corsa. Come se stesse giocando una partita a scacchi, il campione francese studia con calma olimpica le sue mosse, avvicinandosi inesorabilmente all’asso brasiliano, iniziando a farsi vedere negli specchietti. Nelson, dopo pochi giri di resistenza, cede e finisce in testacoda, riuscendo miracolosamente a mantenere accesa la vettura. Riparte quarto, dietro a Mansell virtualmente iridato. Passerà il compagno di squadra, attento a non porre alcuna resistenza, una ventina di giri dopo, quando il momento chiave della corsa avrà già avuto luogo. Alain Prost, infatti, al giro 33 si ferma ai box per montare un nuovo treno di pneumatici. Non si capisce se abbia qualche problema o se la sosta sia programmata. Di sicuro c’è solo che la rimonta sin lì compiuta è inutile, deve cominciare tutto daccapo, proprio quando le Williams hanno ripreso a stampare tempi competitivi in sequenza.
Il Professore è un accademico del volante. Non si fa distrarre dalla difficoltà della sfida. Sa che la gara può ancora tornare a sorridergli. Attesta il passo in modo tale da rosicchiare costantemente decimi ai primi, fino a raggiungere le Williams al giro 60. Mancano 22 tornate al termine di un mondiale tiratissimo, combattuto come non mai, ed i tre contendenti si fronteggiano senza più potere, volere o dover fare calcoli. Prima ancora possano elaborare una minima strategia, capire dove e come attaccare l’avversario, Adelaide ricorda a tutti e tre che le corse a volte sembrano avere un’anima senziente. Si dice sia Le Mans a scegliere il vincitore di anno in anno. Il 26 ottobre 1986 Adelaide non è da meno: sarà lei a scegliere il campione del mondo.
Giro 63: una foratura ferma Rosberg. La lepre McLaren, colui che sicuramente avrebbe ceduto la vittoria a Prost se solo il francese avesse passato le Williams, si ritira da una corsa sin lì dominata con autorità. Il Leone d’Inghilterra, Nigel Mansell, non avrà creduto ai propri occhi. Il titolo è praticamente suo: basta porti a termine i 19 giri che mancano, dato che il quarto classificato, dopo il ritiro di Senna, rimane staccato di oltre un giro dal gruppo dei primi. Il battito del suo cuore avrà certamente accelerato, la concentrazione sarà salita alle stelle. Tutto inutile. Passa qualche curva, ed a metà del rettifilo principale, tornata 64, esplode la posteriore destra della sua FW11, senza dare alla scuderia neanche il tempo di reagire alla foratura di Rosberg, unico assieme alle Williams a non aver sostituito precedentemente le coperture. Svanito, in un attimo, il sogno mondiale. Dopo una stagione di sacrifici, vittorie esaltanti (Brands Hatch la migliore, davanti al suo pubblico), momenti difficili (l’incidente che lascerà tetraplegico Frank Williams) e rivalità interne, una semplice gomma rovina tutto, senza dare alcuna possibilità d’appello.
Passa un giro e Piquet viene richiamato ai box. Troppi i rischi a lasciarlo in pista. Nelson dovrà tentare il miracolo, recuperando 18’’ sul leader della corsa. Prost. Il campione del mondo, il pilota con la monoposto più lenta tra i contendenti al titolo. Colui al quale serviva un miracolo per vincere il titolo. Colui che è stato scelto da Adelaide.
Gli ultimi giri passano come sospesi. Le telecamere si concentrano sulle Tyrrell di Streiff e Brundle in difficoltà con i consumi ed incalzate dalla Ferrari di Johansson, che all’ultimo giro conquisterà un insperato podio. Piquet dà tutto sé stesso, segna qualche giro veloce ma Prost è troppo concentrato, è imprendibile e soprattutto il destino ha scelto lui. Tanto che appena tagliato il traguardo parcheggia sulla sinistra la propria vettura, vuota di carburante. Il Professore ha vinto il più improbabile dei titoli, il secondo in carriera, beffando Piquet e Mansell.
Tra i due litiganti.
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