Le probabilità che da qui a metà marzo l’Alfa Romeo C41 mantenga la palma di vettura più bella del Circus sono francamente altissime. Parliamo di percentuali notevoli, quote adatte a scommettitori avvezzi alla vincita pressoché certa. Il lavoro del Centro Stile Alfa Romeo è stato di livello assoluto, anche volendo escludere l’inevitabile soggettività di un giudizio estetico; alcuni dettagli come il logo Autodelta, a fianco del rollbar, o il quadrifoglio verde annegato nel bianco-rosso del cofano rappresentano veri e propri esercizi di raffinatissimo design.
Colori e citazioni del passato, però, non regalano decimi né tantomeno guidabilità. Questi, uniti al non indifferente compito di cogliere ogni singola opportunità, sono stati e ancora di più saranno obiettivo (o cruccio) tanto degli ingegneri quanto della squadra corse. Il gruppo Sauber, insomma, capitanato da Frédéric Vasseur, gestito da Jan Moncheaux nella veste tecnica e condotto in pista da Kimi Raikkonen e Antonio Giovinazzi.
Eppure, per quanto una compagine del genere (che poco ha di che spartire con la vera Alfa Romeo, diciamoci la verità) possa ben figurare, non ha controllo sul futuro della scuderia. Né nella sua carrozzeria impreziosita dal disegno del Biscione né, tantomeno, nel vero e proprio assetto societario, almeno per quanto riguarda i progetti a lungo termine.
IL NOME ALFA ROMEO
L’ultima corsa del 2020 vide Kimi Raikkonen precedere – meritatamente – le Rosse di Charles Leclerc e Sebastian Vettel. I più romantici potevano sorridere pensando che, come già accaduto in stagione, la Mamma si fosse presa una rivincita sulla creatura del figlio perduto. Quando Enzo Ferrari batté per la prima volta una monoposto milanese, la Casa del Portello era uno dei pochi imperi automobilistici sopravvissuti alla guerra. Il declino sportivo fu rapido e, per quanto sofferta, mirabolante e ricca di storie dense di passione, la parabola Chiti a cavallo degli anni Ottanta non seppe rinverdirne i fasti.
Al contrario, l’operazione Alfa Romeo contemporanea fu concepita, sviluppata e accompagnata alla nascita da Sergio Marchionne. Il manager abruzzese, sempre più appassionato con il passare del tempo (e il profumo delle vittorie) in Ferrari, legò al team Sauber la Casa del Biscione immaginandosi, in futuro, al timone del progetto. In tanti ipotizzarono le più disparate intenzioni per la pensione dell’italo-canadese, ma uno dei punti saldi – addirittura paventando l’acquisto semi-autonomo dell’intera struttura – erano le monoposto bianco-rosse. Destinate, questo è inevitabile, a rimanere comprimarie della Rossa, ma fucina di talenti tanto al volante quanto al tavolo di disegno. Presenze stabili ai piedi del podio, nella zona nobile del centro gruppo.
La morte prematura di Marchionne spezzò il sogno a metà, interrompendo un progetto che, in realtà, ancora oggi gode dell’abbrivio donatogli da una chiara prospettiva futura. La C39 del 2020 patì sicuramente meno della SF1000 la mancanza di cavalli del motore italiano, ma da un punto di vista sportivo fu significativa la scarsa differenza telaistica tra le vetture, inversamente proporzionale alla differenza di budget.
Oggi, al contrario, del futuro Sauber si sa ben poco. Longbow Finance, il fondo d’investimenti svizzero proprietario del gruppo, non ha quasi mai rilasciato dichiarazioni in merito alla scuderia, figurarsi piani futuri. Uno degli attori principali nella cordata, lo svedese Ruben Rausing (Tetrapak) guidò l'acquisto della moribonda Sauber spinto sì dalla passione, ma anche dalla volontà di aiutare il pupillo Marcus Ericsson. La voglia d’investire rimarrà per sempre la medesima?
Alfa Romeo, poi, rimane in sostanza uno sponsor. Qualche collaborazione tecnica è stata avviata, questo è innegabile, ma principalmente a favore della Casa (studio aerodinamico della Giulia GTAm), non della scuderia. Il futuro della titolazione è nelle mani del board di Stellantis. Fonti inglesi parlano di un dirottamento del marchio verso la Formula E, altri immaginano un passaggio di testimone con Maserati, altri ancora un proseguimento di Alfa con addirittura possibili acquisizioni di quote della società. Nulla è certo, se non che si tratta di supposizioni, spifferi più o meno realistici.
La logica vorrebbe che, a fronte di un impegno economico limitato come quello attuale, l’avventura Alfa continuasse. Senza vittorie sonanti, l’unica seria strategia di marketing applicata alla Formula Uno è la permanenza continua, foriera di un’associazione immediata tra Biscione e corse. Disperdere adesso il patrimonio costruito negli ultimi quattro anni sarebbe un vero e proprio spreco.
LA VETTURA
L’abbiamo già accennato in seguito alla presentazione dell’Alpha Tauri: giudicare una vettura semi-posticcia, buona quasi solo per una presentazione statica, è un esercizio largamente fine a sé stesso. Il fondo, il diffusore e i bardgeboards della C41 verranno certamente aggiornati in Bahrain. Il retrotreno è decisamente simile a quello della passata stagione (a parte l’aumento di passo di 5cm), mentre i due gettoni sono stati spesi per aggiornare il muso. Si potrebbe dire che la scuola di pensiero Ferrari sia stata estremizzata ed avvicinata quanto più possibile alla filosofia Mercedes; al contempo, alcuni dettagli come i riccioli pronunciati al limite della zona neutra nell’ala anteriore sottolineano un significativo studio aerodinamico. Sapendo che la SF21 vedrà i maggiori sforzi creativi al posteriore, la strada impresa dal Biscione è quantomeno coraggiosa.
Il tutto tenendo bene a mente che, di fronte alle scelte di due CdA diversi, la pista avrà purtroppo ben poco peso. Prestazioni, punti e soddisfazioni durante il mondiale daranno quindi solo l’illusione di un controllo sul proprio futuro.
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