Esistono davvero i secondi piloti?
La definizione, di per sé, è alquanto antipatica. In quel secondo si annida un intero universo di non-detti, regole d’ingaggio e processi mentali più o meno inconsapevoli che, alla resa dei conti, finiscono per penalizzare il pilota in questione. Basta una strategia meno favorevole o una preferenza d’assetto seguita nel progetto della vettura e, spietata, emerge la maggiore fiducia che la scuderia nutre verso la prima guida.
Non ha senso serbare rancore, dato che spesso una situazione del genere si viene a creare per i meriti del caposquadra, piuttosto che il contrario. Eppure, agli occhi del grande pubblico e degli addetti ai lavori, un processo del genere determina l’annullamento della seconda guida. Basta che si inneschi e i giochi sono fatti.
Quale che sia la sua storia o il suo palmares, il secondo pilota è destinato a non brillare mai.
Ottiene un risultato migliore della prima guida? Sarà un’eccezione, una pista favorevole o, più volte, la prima guida in giornata no. Rimane dietro, lontano e non riesce neanche a sottrarre punti agli avversari? Sarà ora di cercare un altro pilota; sempre secondo, magari più brillante.
Il ritorno in Ferrari di Kimi Raikkonen, dal 2014 al 2018, ha seguito pedissequamente il copione riservato ai secondi piloti. Il finlandese, surclassato da Alonso alla prima stagione e poi da Vettel, ha assunto in pochi istanti il ruolo di spalla, senza più abbandonarlo. Non è bastato un 2016 a livelli molto simili a quelli del tedesco; Kimi era un bollito, per non parlare delle squallide battute sulla bottiglia.
Figurarsi, non vinceva mai (eppure cedeva vittorie a Vettel come a Budapest 2017, ndr). Inutile aspettarsi un guizzo, una magia, un momento di riscatto, tanto che poco prima di morire, nell’estate 2018, Marchionne decide di sostituirlo con Leclerc per la stagione successiva.
Non si muove una foglia, insomma. Kimi è destinato ad un mesto addio alla Rossa, mentre recita da spalla nella campagna iridata di Vettel – perdente, drammatica e distruttiva di climi, reputazioni e orgogli.
La giostra sembra non fermarsi mai, fino a che arriva il 21 ottobre 2018.
Austin, Texas. Il cielo terso permette alla luce del sole autunnale di donare un riflesso inconfondibile al palcoscenico del Gran Premio degli Stati Uniti. La giornata è fresca e l’asfalto si assesta sui 30°C. Nessuno ha idea di come possa evolversi la corsa: la pioggia, al venerdì, ha obbligato le squadre a disertare gran parte delle libere, non potendo così accumulare dati sul consumo degli pneumatici.
L’unica certezza è che la SF71-H, la monoposto del Cavallino Rampante, sui saliscendi texani è ritornata allo stato di forma estivo. Le modifiche introdotte a Singapore, responsabili di diversi problemi di bilanciamento, sono state accantonate a favore di specifiche molto vicine a quelle di Silverstone e, magicamente, il ritmo è tornato ai livelli Mercedes. Il periodo tecnicamente negativo, unito al disastro di Monza e alla piroetta di Suzuka, hanno ormai definitivamente affossato le velleità iridate di Vettel, tanto che Hamilton può già vincere ad Austin il titolo.
La gara, però, non sarà per nulla scontata. L’inglese è in Pole Position grazie ad un giro stratosferico. Al suo fianco si schiera Raikkonen, staccato di 70 millesimi al sabato, mentre il tedesco della Rossa è quinto (+ 0.032s) dopo una penalizzazione in griglia a causa di un’irregolarità nel rispetto di una bandiera rossa durante le libere. L’ennesimo episodio di una campagna mondiale amara e inconcludente.
Tra i primi, solo Raikkonen parte con le gomme Pirelli Ultrasoft a banda viola. Tutti gli altri montano le Supersoft a banda rossa, uno step più dure, mentre Verstappen è sulle gialle Soft ancor più longeve e scatterà dalla 18° casella a causa di una rottura in qualifica.
Il momento di Kimi è il via. Lo deve essere, per forza. Dopo quasi due anni nei quali non guadagnava posizioni al primo giro, il finlandese è perfetto nello scatto. Raikkonen sfrutta al meglio la maggiore trazione garantita dalla mescola più soffice, affianca Hamilton in salita e lo infila nel celeberrimo tornantino sinistrorso che è la prima curva di Austin.
Ora si tratta di allungare. Prima la lunga sequenza di curve velocissime, poi il rettifilo di ritorno, infine le curve lente attraverso l’arena che caratterizza l’ultimo settore, prima di una sorta di curva 8 di Istanbul al contrario e delle due, insidiosissime svolte finali. Raikkonen affronta una sfida dopo l’altra e chiude il primo giro con quasi 2’’ di vantaggio. Dietro di lui transitano Hamilton, Bottas, Ricciardo e… Hülkenberg. Verstappen, sfruttando una marea di contatti e qualche pregevole sorpasso, è già 9°. Un’ottima posizione per indirizzare al meglio la propria rimonta, sfruttando una RB14 dotata di un ottimo ritmo.
Vettel? Il tedesco, partito bene, rimane dietro Ricciardo nelle prime curve. Lo attacca nel lungo rettifilo di ritorno, passandolo senza troppi problemi; purtroppo, però, il tedesco blocca il posteriore mentre approccia la frenata che segue il dritto. Va leggermente lungo, quel che basta perché Ricciardo lo affianchi. I due procedono uno accanto all’altro verso la piega successiva, a destra; Vettel perde ancora il posteriore, la sua ruota anteriore sinistra tocca la Red Bull e in un millisecondo si ritrova in testacoda. Quando riparte in una nuvola di fumo è 15°. L’ennesimo tre-sessanta. Proprio quando la Ferrari può tornare a giocarsi la vittoria.
Non è un dato di fatto o una sensazione. I tempi di Kimi lo certificano. Alla settima tornata, mentre Verstappen è già 5° e Vettel 8°, Kimi gode di 2’’5 su Hamilton, con Bottas staccato di oltre 7’’. La gara, però, sta per cambiare.
Due passaggi dopo Ricciardo parcheggia a bordo pista la sua Red Bull per l’ennesima volta in stagione.
La corsa, dopo due giri, viene neutralizzata con una Virtual Safety Car; è l’assist perfetto per chi, dotato di Ultrasoft, nei giri successivi pagherebbe un repentino crollo nelle prestazioni delle gomme. In regime di neutralizzazione si risparmia circa metà del tempo di una sosta, e il giro 16, apertura della finestra suggerita da Pirelli per la sosta singola, non è troppo lontano.
Giro 11. Raikkonen approccia la pit-lane. Fa una finta ma all’ultimo scarta a destra e rimane in pista. Hamilton, istruito dal muretto Mercedes di agire al contrario del rivale, rientra ai box. Esce dalla pit-lane 3°.
I primi giri dell’inglese a gomma nuova sembrano condannare Raikkonen: la Ferrari ha di nuovo sbagliato strategia. Mal che vada per Lewis, dovrà effettuare ancora uno stop; gli basterà passare Kimi in pista prima che le Ferrari numero 7 si fermi e il gioco è fatto. In fondo gira quasi 2’’ al giro più veloce. Al giro 12 è staccato di 9’’3. Al giro 18, di 1’’8.
Raikkonen deve inventarsi una magia. Le sue gomme viola sono finite. Verstappen, Bottas e Vettel hanno tutti un ritmo migliore del suo. Al giro 19 Hamilton apre il DRS. Al giro 20 arriva l’attacco in curva 1: respinto. Poi nelle curve lente dell’arena: respinto. Al giro 21 Lewis carica la batteria nel primo settore e attacca nel rettifilo di ritorno. Feroce, senza pietà. Raikkonen lo copre, ma lo inglese lo affianca nelle curve lente dell’arena. I due incrociano la traiettoria quattro volte; Kimi, però, sembra lanciare ad Hamilton un messaggio ad ogni sterzata.
Tu mi attacchi di qua? Io ti chiudo! Di là? Ti chiudo anche di là!
Alla fine della tornata (la 21°) Raikkonen è richiamato ai box. La Ferrari ha optato per la sosta singola. Saranno 36 giri lunghissimi.
Il finlandese non spinge forte. Coccola le gomme sin dal primo giro. Intanto nel valzer dei pit-stop Verstappen passa Bottas, dotandosi di gomme Supersoft per un lunghissimo stint finale, mentre Vettel rientra in pista a 20’’ dalla Mercedes numero 77, sempre 5°. Sebastian raggiungerà Valtteri al penultimo giro, passandolo, e chiudendo a 10’’ dal vincitore: il numero 5 avrebbe corso per la vittoria rimanendo tra i primi.
La sfida per la vittoria, però, è tra Hamilton, Raikkonen e Verstappen. Per diverse tornate il finlandese rimane a 17’’ da Lewis, con Max 4’’ più indietro.
Una decina di minuti dopo compaiono i primi segni di usura sulle posteriori della Mercedes. Hamilton crolla, ma il muretto box stenta a richiamarlo per evitare uno stint finale troppo lungo.
Al giro 37 Raikkonen è a 8’’ dalla Mercedes: è il momento della sosta. Sulla numero 44 vengono montate gomme gialle. Solo Verstappen calza le rosse, e sembra addirittura avvicinarsi a Kimi. Il pilota della Ferrari lascia sfogare l’olandese, ben consapevole di come la minaccia reale arrivi da più lontano.
Hamilton è una furia. In dieci giri recupera 11’’, tanto che a nove tornate dal termine i tre sono compresi in un fazzoletto di 2’’4. Inizia una lunga fase di studio in cui Raikkonen offre la giusta scia a Verstappen perché Hamilton non lo attacchi, allungando poi nel guidato, mentre Lewis studia i punti deboli della Red Bull.
L’affondo arriva al giro 53: mancato. Una tornata dopo, a tre dalla fine, Verstappen va lungo dopo il rettifilo centrale. Dal pubblico arriva un boato. I due percorrono quattro curve affiancati; Hamilton tenta un sorpasso da cineteca all’esterno di una lunghissima curva a destra ma finisce sullo sporco e allunga nella via di fuga, consapevole dell’importanza di non disperdere punti così vicino al titolo iridato, che infatti arriverà in Messico.
Raikkonen, nel frattempo, si è creato un cuscinetto ideale di 2’’5 che gli permette, nell’ultimo giro, di evitare addirittura il doppiaggio di Perez per non correre alcun rischio.
Dopo più di trecento, estenuanti chilometri quasi tutti con un avversario negli specchietti, Kimi taglia il traguardo per primo. Sono passati 2044 giorni dall’ultima volta, nel Gran Premio d’Australia 2013. Più di cinque anni.
‘Fucking finally’ esclama Kimi. Lui, l’uomo di ghiaccio, il campione del mondo con il Cavallino finito a ricoprire il ruolo di un secondo qualsiasi, al quale comunicare il mancato rinnovo poco prima di una partenza dalla Pole a Monza.
Sul podio Kimi sfoggia un sorriso beffardo dietro le immancabili lenti scure. Chissà se, dopo un trionfo pieno di significati arrivato grazie ad una prestazione stratosferica, Raikkonen ha pensato ai secondi piloti: quasi quasi, una gran baggianata.
'Finalmente, e che cazzo.'
Trovate qui la battaglia tra Raikkonen ed Hamilton: dal minuto 3:38 l'ultimo, spettacolare giro.
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