Baku, Azerbaijan. Domenica 25 giugno 2017, ore 17 locali. Il sole inizia a nascondersi tra i palazzi della capitale azera, sfumando d’arancione le vie della città del vento. Interi tratti di pista sono all’ombra, altri cuociono dopo una calda giornata estiva, in attesa di raffreddarsi velocemente con il passare dei minuti e il sopraggiungere della sera.
Il circuito azero, 6,003 chilometri, inaugurato la stagione precedente, offre una sfida tecnica al limite dell’assurdo. Il rettifilo d’arrivo/partenza è uno dei nastri d’asfalto più larghi del mondiale e, statistica ben più importante, nettamente il più lungo: 2,2 chilometri ad acceleratore spalancato. Il doppio del rettilineo principale di Monza. La parte centrale del tracciato, però, si snoda tramite una serie infinita di curve a 90° tra le vie del centro città, lambendo il Bakı Qalası – la fortezza di Baku – in concomitanza di una variante strettissima, passaggio più angusto del mondiale con i suoi 7,6 metri di larghezza.
I requisiti tecnici completamente antitetici tra porzione veloce e porzione lenta del tracciato rendono la ricerca dell’assetto ottimale un vero e proprio rebus per gli ingegneri delle scuderie. Quasi tutte le monoposto montano ali a cucchiaio, tranne la Red Bull di Ricciardo e Verstappen che sfoggia un coraggioso profilo in stile Monza per tentare di recuperare velocità sul dritto, complice la poco potente unità motrice Renault a disposizione. La configurazione aerodinamica medio-scarica, però, rende complicate tanto le frenate quanto il corretto riscaldamento delle coperture, ulteriormente ostacolato dall’estrema levigatezza dell'asfalto.
In poche parole, in qualifica a Baku occorre una monoposto velocissima sul dritto e rapida nel portare gli pneumatici in temperatura. Ovviamente serve precisione in frenata, inserimento di curva e stabilità in trazione, ma le prime due caratteristiche sono quelle fondamentali. Ed infatti le Mercedes, a Baku, volano. Hamilton in griglia è primo con 0’’5 su Bottas, 1’’1 su Raikkonen e 1’’3 su Vettel. Eppure, il tedesco della Ferrari guida la classifica iridata e nelle precedenti sette corse ha ottenuto tre vittorie, tre secondi posti e una quarta (sfortunata) piazza in Canada. Banalmente, i tecnici di Maranello si rendono conto sin dal venerdì che in qualifica non ci sarà nulla da fare: come la Rossa aveva dominato a Monaco, a Baku pagherà enormemente i 35 cavalli di distacco in configurazione Q3, oltre alla maggiore resistenza all’avanzamento. Come già accaduto pochi mesi prima in Bahrain, sin dal sabato si punta tutto sulla gara. In fondo, Vettel ad Al Sakhir aveva trionfato. La SF70-H vola in gara, e una volta portate in temperatura le gomme, anche a Baku potrà dire la propria, recuperando sempre più terreno in curva via via che le gomme si consumeranno.
Hamilton, Bottas, Raikkonen, Vettel, Verstappen, Perez (Force India), Ocon (Force India), Stroll (Williams), Massa (Williams), Ricciardo. Questi sono i primi dieci piloti, illuminati dal tramonto azero, davanti ai quali si accendono le luci dei semafori.
Hamilton scatta perfettamente. Vettel prova ad attaccare Kimi, che resiste all’esterno, incrocia la traiettoria e prova ad attaccare Bottas alla seconda curva, un’altra piega a 90° gradi che precede un secondo, lunghissimo rettifilo. Il finlandese vestito di rosso si porta all’esterno, ma Bottas salta sul cordolo interno e lo tocca spendendolo a muro e rovinando il fondo della Rossa numero 7. Raikkonen può continuare ma sarà più lento, mentre Bottas, complice una foratura, rientra mestamente ai box finendo subito doppiato.
Hamilton ‘accende’ le mescole in men che non si dica e guadagna velocemente 3’’ su Vettel. Il tedesco, però, in poche tornate si assesta su un ritmo molto simile all’inglese, rosicchiando pian piano qualche decimo grazie a importanti guadagni nei settori pieni di curve, mentre nel terzo perde ad ogni giro terreno prezioso a causa della minore velocità in rettilineo. Dietro di loro Perez resiste a numerosi attacchi di Verstappen, difendendo un terzo posto che avrebbe del clamoroso, mentre Ricciardo tenta una strategia folle smarcando la sosta ai box al 6° giro, impossibilitato a liberarsi del traffico di vetture più lente.
10° tornata su 51. Nessuno dei piloti in pista può prevedere quanto sta per accadere. Nessuna delle persone ai box sospetta che, di lì a qualche minuto, la corsa azera si trasformerà nella più folle dell’era ibrida.
Kvyat parcheggia a bordo pista la sua Toro Rosso. I commissari di percorso faticano a recuperarla, data la posizione sfortunata appena dopo il castello. La direzione gara si ritrova costretta a chiamare in pista la Safety Car. Verstappen, intanto, si ritira a causa dell’ennesimo guasto alla Power Unit.
Tra un borbottio e l’altro per l’andatura lenta della vettura di servizio, la corsa rimane neutralizzata per sei giri, durante i quali tutti i piloti rientrano ai box per la sosta obbligatoria. Anche Ricciardo, che monta un treno di rosse usate rientrando in pista 10° (dopo la sosta precedente era 17°).
La vittoria sembra essere una questione personale tra Vettel e Hamilton. L’inglese riparte benissimo, mentre Vettel scoda e viene attaccato da Perez, riuscendo però a difendersi. Raikkonen perde pezzi danneggiati nel contatto al via sul rettilineo di partenza e così, per evitare forature rischiosissime, la vettura di servizio è nuovamente chiamata in pista.
Vi rimane tre giri, fino alla tornata numero 19. Un momento che rimarrà indelebile nella storia del mondiale 2017. Prima del lunghissimo rettifilo di 2,2 chilometri, che in realtà comprende due velocissime pieghe da affrontare a gas spalancato, il circuito di Baku presenta due curve secche a sinistra, le ennesime ad angolo retto. L’ultima è larga e di difficile interpretazione, la penultima stretta e arriva al termine di una discesa in picchiata dopo la sezione del castello. È alla corda di questa svolta che Hamilton smette improvvisamente di accelerare. Non frena, ma il risultato è praticamente lo stesso. Ha bisogno di far allontanare la Safety Car ed iniziare le manovre strategiche per evitare che Vettel gli prenda la scia in ripartenza.
Sebastian viene colto di sorpresa. Lo tampona. È un tocco lieve, perde solo qualche appendice minore dell’ala anteriore. Per il tedesco, però, la mossa è scorretta, un vero e proprio brake test. Non si fa, non mentre c’è in gioco il mondiale. La vista si annebbia, mani e piedi si muovono da soli e la Rossa accelera, affianca la Mercedes e… sbam! Una ruotata. Secca, decisa, intimidatoria. Gestacci da una parte e dall’altra.
Pochi secondi dopo si riparte. Hamilton riesce ancora a mantenere la posizione, mentre Vettel stavolta viene quasi attaccato da Massa, riuscito ad agguantare il 3° posto nel caos generale. Le due Force India, 4° e 5°, si toccano alla seconda curva, in una lotta fratricida e senza senso. Perez rimane senza ala e con lo sterzo danneggiato, Ocon con una ruota forata come Raikkonen appena dietro, transitato incolpevolmente sui detriti.
È il caos. Perez e Raikkonen si ritirano, la pista è disseminata di detriti. Si percorre un giro nuovamente sotto Safety Car, poi viene esposta la bandiera rossa. Passa una mezz’ora abbondante, tempo di sguardi feroci, recriminazioni, indignazioni televisive per il gesto di Vettel. Ferrari e Force India provano a riparare le vetture, sapendo che potranno rientrare in pista doppiati di un solo giro, puntando a qualche punto visto che, tra incidenti e rotture, ripartiranno in 17. E siamo ancora a meno di metà corsa. I commissari di gara, intanto, indagano sull’incidente Vettel-Hamilton.
Al giro 23, dopo la celeberrima sfuriata di Raikkonen via radio per la mancanza di guanti e volante durante la frenetica messa in moto, la gara riparte. Nuovamente dopo la Safety Car. Tutti montano gomme rosse fresche grazie all’interruzione forzata. Hamilton rimane primo, Vettel gli si accoda mentre dietro di loro Ricciardo si porta all’interno di Massa, Stroll e Hülkenberg (Renault) compiendo uno spettacolare triplo sorpasso. È 3°, mentre una quindicina di giri prima era 17°. Bottas, intanto, è 13°.
Massa ha problemi, perde posizioni a causa di un guasto. Magnussen, su Haas, risale 5°. I due davanti, però, scappano. Scappano sempre, sono troppo veloci per tutti. Vettel, inoltre, ha rotto gli indugi e stavolta rimane vicino ad Hamilton. Non lo lascia scappare. Hülkenberg sbatte prima del castello, Bottas continua a risalire.
Al giro 28 le telecamere indugiano sul cockpit di Hamilton. Il poggiatesta è lasco, si muove al crescere della velocità. È un guasto mai accaduto prima in Mercedes, figurarsi in gara. Un imprevisto assurdo. L’inglese prova a sistemarlo mentre guida con una mano sola a 340 chilometri l’ora. Non può nulla, è come lottare contro i mulini a vento.
Al 31° passaggio rientra ai box su indicazione della FIA. La sosta dura 9’’7. Lewis rientra 9°, dietro a Sainz (Toro Rosso), Perez (doppiato) e Bottas (7°). Negli stessi istanti Vettel riceve una penalità di stop and go di 10’’. La più severa prima della bandiera nera. Comprensibile, dato il pessimo esempio.
Il tedesco ha tre giri a pista libera. È malinconicamente primo, la strada libera avanti a sé pura illusione. Spinge, vola, illumina i cronologici di viola. Rientra ai box, sconta la penalità e rientra appena avanti ad Hamilton, il quale prevedibilmente si lamenta via radio.
Giro 36. Bottas passa Alonso, il quale ingaggia in seguito una battaglia stupenda prima con Vettel, poi con Hamilton. L’inglese è vicinissimo alla Ferrari, può sfruttare la grande potenza Mercedes sul rettifilo. Vettel scappa nel guidato, Lewis sfiora l’attacco ad ogni giro. È una battaglia nella rimonta. Alla tornata 37 i due sono affiancati. Vettel resiste. Mancano 15 giri.
Davanti, da solo, Daniel Ricciardo. In testa ad una gara dove non aveva brillato, con un passo di circa 1’’ al giro peggiore rispetto ai migliori. Dietro di lui Stroll (Williams), esordiente, gestisce un bottino di 15’’ su Magnussen, clamorosamente a podio virtuale con la Haas. In pochi giri, però, lo passano Ocon, Bottas, Vettel ed Hamilton.
La Ferrari numero 5 e la Mercedes numero 44 segnano un giro veloce dopo l’altro. Tutti saltano con relativa facilità la Force India, relegando il francesino 6°. Bottas spinge per recuperare su Stroll, a 7 giri dalla fine paga 9’’. La Williams potrebbe perdere un podio tanto insperato quanto desiderato, dato che Vettel (4°) è poco più lontano. In realtà Lance dà il tutto per tutto, guida al massimo delle sue possibilità e viene beffato in volata per 105 millesimi da Bottas, che gli soffia il secondo posto. Il podio, però, è salvo.
Pochi metri dietro, Vettel ed Hamilton transitano sotto la bandiera a scacchi a distanza di 212 millesimi. 4° e 5°, separati da un nulla in pista ma sideralmente lontani fuori, i rapporti momentaneamente finiti, la sfida assoluta, crudele, impossibile da perdere.
Ricciardo, primo con 3’’9 di vantaggio, sorseggia lo champagne più imprevedibile della sua vita. Ha vinto la corsa più folle dell’era ibrida.
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