Premessa doverosa all’insegna dell’onestà intellettuale (e del dovere di cronaca): la W11 è la migliore Mercedes dell’era ibrida. La superiorità mostrata oggi in qualifica, non fossero bastate le due sessioni austriache, deve imbarazzare otto scuderie su dieci. Nessuna scusa regge, come non reggeva ai tempi della Williams dotata di sospensioni attive, della McLaren 1988 o della Ferrari 2004. Gli ingegneri capitanati da James Allison per il telaio ed Andy Cowell per il motore (poi dimessosi alla ricerca di nuove sfide, probabilmente conscio di aver raggiunto la perfezione) hanno sfornato una monoposto da leggenda. Rifilare nove decimi (9) al progetto della passata stagione (presente in pista grazie a Racing Point), progetto tra l’altro dotato del motore aggiornato, significa aver annichilito tecnicamente – al lato sportivo ci pensa Hamilton – l’intera concorrenza. Su questo non ci possono ne devono essere dubbi. DAS o non DAS.
Dalla qualifica di Budapest emerge però un altro, interessantissimo risvolto: la disparità di sospetti – e giudizi – che regna sovrana in Formula 1. Incontrastata, subdola ed abilmente nascosta dall’infuriare di polemiche che spesso, se non mancano completamente il punto, lo sfiorano senza analizzarlo davvero (qui abbiamo parlato della crisi Ferrari). Il fine settimana magiaro ne ha fornito esempi sin dal giovedì, partendo dalla protesta verso Racing Point, passando per l’inconsistenza Red Bull per finire con il motore Ferrari.
Le polemiche in merito alla Mercedes rosa, la RP20 chiaramente ispirata (eufemismo) alla W10 della scorsa stagione, proseguono senza sosta dai test di Barcellona. Ne abbiamo parlato più volte su queste pagine, ed inevitabilmente la protesta Renault ha agito da cassa di risonanza tanto per il malcontento degli avversari quanto per i sinceri dubbi riguardo la correttezza del progetto. Perché risulta veramente complesso credere a chi sostiene di aver unicamente utilizzato fotografie per progettare una vettura di Formula 1. La presunzione di innocenza deve valere per tutti, e sembra davvero improbabile che a Silverstone abbiano ricevuto disegni della W10, sconfineremmo in zona stupidità, di certo però che qualche chiacchierata, qualche consiglio su come approcciare lo studio aerodinamico siano giunti alle orecchie giuste è decisamente verosimile. Il tutto rientrerebbe nello spirito del regolamento? Sicuramente è necessaria almeno una delucidazione, visto che il passo è ben più lungo di quello compiuto da Haas e Alpha Tauri, che si basano su Ferrari e Red Bull senza copiare nel minimo dettaglio la monoposto dell'annata precedente. Allo stesso tempo però non si può evitare di segnalare l’incredibile disparità di trattamento riservata alle vetture rosa. La tempesta guarda caso è scoppiata quando a Racing Point è riuscito il salto sognato da Renault, Haas, Alfa Romeo, Williams, McLaren e Alpha Tauri sin dagli albori dell’era ibrida. Pochi mostrarono tanto zelo nella ricerca di chiarimenti regolamentari quando Haas sfidava Renault nel 2018 con una quasi-SF70-H: perché oggi Perez e Stroll, oltre che gli ingegneri e i meccanici della scuderia, devono subire un continuo svilimento delle loro prestazioni, quando meriterebbero applausi a scena aperta dato il coraggio mostrato nell’abbracciare completamente una filosofia discussa, sì, ma in nessun momento esplicitamente vietata?
La seconda, imbarazzante disparità nei giudizi – tutta a sfavore di chi commenta e alimenta le disgrazie Ferrari – riguarda la Red Bull. Albon, in difficoltà con il bilanciamento esattamente come Vettel in Austria, ha chiuso 13°, mentre Sebastian aveva almeno sfiorato la Q2. Verstappen è malinconicamente rimasto dietro ad entrambe le Ferrari (l’inaccettabile SF1000 ha mostrato miglioramenti in curva ma confermato inequivocabilmente le urgenti necessità di risoluzione del bloccaggio aerodinamico), gli ingegneri sono tornati alla vettura dei test (dei test, proprio come la Rossa in Austria!) e gli aggiornamenti più importanti hanno miseramente fallito. Perché nessuno chiede la testa di Newey? C’è ancora qualche sognatore che ritiene la RB16 capace di vincere gare e lottare per il campionato, dopo che in Austria da favorita aveva pagato 6 decimi nella qualifica asciutta, 1.2 secondi in quella bagnata e distacchi ciclistici in gara? Le metodologie di lavoro o la nazionalità dei tecnici sono da correggere anche qui o sarà che il tanto famigerato assetto Rake comincia a mostrare tutti i suoi limiti?
Terza e ultima tappa del nostro viaggio all’insegna dei due pesi e delle due misure è il motore Mercedes. Sin dall’inverno i bene informati avvisavano sulle potenzialità dell’ultima unità firmata da Cowell, quindi non c’è da sorprendersi troppo. Allo stesso tempo però sembra di essere tornati al 2014, o alla seconda metà del 2019 nel caso della Power Unit Ferrari. Il vantaggio è incolmabile, e l’Ungheria lo ha dimostrato molto meglio del Red Bull Ring, dove i dati erano sfalsati da differenti configurazioni aerodinamiche. Guardate le velocità rilevate al traguardo, pochi metri dopo l’uscita di curva, o i tempi del primo settore: all’Hungaroring tutti corrono a massimo carico, quindi primeggiare nell’unico tratto di pista con rettifili importanti, oltre che in tutti i rilevamenti di velocità, è un segnale interpretabile in una sola maniera. Tanto che nel 2019 il miglior tempo fu della SF90. I sussurri in merito all’unità italiana un anno fa iniziarono in Bahrain, per poi proseguire imperterriti fino alle direttive tecniche. La Ferrari cominciò a vincere GP quando la Mercedes mise i remi in barca, ma aveva sempre guadagnato palate di decimi in rettifilo. Ben prima dell’introduzione del terzo aggiornamento di motore.
Chi scrive crede la Power Unit AMG sia regolare, ed anzi morirebbe dalla voglia di scoprire quale diavoleria abbia permesso un salto tanto importante in un solo inverno, cosa succeda in una camera di combustione avanti di una decina d’anni rispetto alle auto in commercio. Allo stesso tempo però la medesima onestà intellettuale sopra citata esige che qualche domanda venga posta: quando Russell e Latifi sono tra i primi dieci in fondo al rettifilo, ed una Williams si qualifica davanti ad una Red Bull, perché non inizia lo stesso turbinio di sospetti che circondò il motore Ferrari? Non mancano neanche gli elementi visivi: perché all’inizio di ogni sessione le fumate d’olio di Mercedes, Racing Point e Williams abbandonano, tanto in qualifica quanto nei primi giri in gara (si veda la Racing Pointa Spielberg)? Come è possibile che a Brixworth riescano ad abbondare nella lubrificazione, almeno in quei momenti, nonostante il consumo dimezzato rispetto alla scorsa stagione? È un processo di pulizia del motore o un accumulo di qualche natura? Nessuno si chiede niente? Perché in Renault e Honda, lasciando perdere la rea Ferrari, non sono riusciti a guadagnare così tanto? Noi propenderemmo per la sola bravura ed il solo ingegno, ma è possibile che tra le tante voci alzatesi un anno fa non ce ne sia nessuna disposta a ripetersi?
Curioso, come cambiano sospetti e giudizi in Formula 1.
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