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Immagine del redattoreLuca Ruocco

Gomme Pirelli: il Mistero Tecnico 2021


Sono quattro, nere, tonde e rappresentano l’unico punto di collegamento della vettura all’asfalto. Cliché triti e ritriti, ciclicamente ripescati per sottolineare la rilevanza di un componente che sì, viene citato spessissimo durante i fine settimana di gara, eppure mai è stato compreso interamente nella Formula Uno moderna. Non da chi segue, non da chi racconta, e in parte neanche da chi progetta.


Le gomme Pirelli, sin dall’arrivo della Casa milanese nel 2011, hanno condizionato l’andamento di qualifiche, gare e interi mondiali. Nel 2012, grazie alla loro imprevedibilità, il campionato vide otto vincitori diversi nelle prime otto gare; nel 2013, a causa del montaggio spregiudicato delle scuderie, il festival delle esplosioni di Silverstone determinò un cambiamento in corsa che consacrò Vettel e la Red Bull.


L’era turbo-ibrida, tra dominio Mercedes, vetture a carreggiate larghe e regole motoristiche interpretate in maniera... creativa, ha visto le coperture allontanarsi dalle luci della ribalta. Le mescole rimangono l’unico elemento di differenziazione delle strategie, ma la sostanziale assenza di corse a pit-stop multipli ha nascosto, almeno agli occhi del pubblico generalista, la rilevanza tecnica degli pneumatici. Nella F1 odierna si ha la percezione che vinca ‘semplicemente’ la monoposto migliore, al contrario di quanto accadeva, ad esempio, durante l’era Alonso in Ferrari, quando una combinazione vettura-pilota più gentile sulle coperture poteva battere un avversario più veloce sul giro secco.


Con tutta probabilità la stagione 2021, da questo punto di vista, rimarrà in linea con le precedenti. Le soste ai box saranno una o al massimo due per GP, il che per forza di cose limiterà la variabilità delle strategie in gara. Allo stesso tempo, però, le coperture Pirelli sono state significativamente rinnovate.


Perché? Il cambiamento determinerà stravolgimenti nelle gerarchie prestazionali? Proviamo a comprenderlo passo a passo.


GUIDA BASICA AD UNO PNEUMATICO DI FORMULA UNO


Immaginando di tagliare a metà uno pneumatico di Formula Uno, concentrandoci nella zona che va dal cerchione all’ambiente esterno, troveremmo – idealmente – tre strati fondamentali. La maggior parte di volume è occupata dal gas che gonfia la gomma; nella massima serie è permesso soltanto l’uso di azoto puro o aria secca (ossia aria privata di qualsivoglia componente umida, le inevitabili molecole d’acqua naturalmente presenti nell’ambiente). Essendo l’aria composta dal 78% di azoto, dal 21% di ossigeno e per la restante parte da Argon e gas vari, le combinazioni possibili per i team non sono poi così varie. Prima di incontrare l’aria o la pista – in base a quale lato della sezione immaginiamo –, sarebbe presente la porzione ‘solida’ del nostro pneumatico. Essa è formata da una sorta di cintura, ossia l’intreccio di fibre metalliche che dona consistenza alla gomma, e dallo strato finale di vera e propria mescola che lo sovrasta.


Il susseguirsi di densità e materiali diversi è ovviamente molto più complesso di quanto descritto, ma il modello basico presentato è più che sufficiente a comprendere perché le Pirelli 2021 abbiano dovuto subire importanti modifiche strutturali, ossia alla ‘cintura’ di cui parlavamo in precedenza.


La principale variabile di controllo a disposizione delle scuderie per influenzare le dinamiche interne allo pneumatico è la pressione del gas utilizzato per gonfiarlo. Naturalmente la ripartizione sulla singola ruota delle forze meccaniche ed aerodinamiche agenti sulla vettura dipende tanto dalle forme delle appendici quanto dal set-up meccanico della monoposto. Un ulteriore, recente tendenza vede il sistema di raffreddamento dei freni come attore di peso nel controllo delle temperature delle coperture stesse; ai fini di questa analisi, però, potrà bastare concentrarsi sulla sola pressione.


Gli pneumatici di una Formula Uno vengono generalmente gonfiati a valori di pressione minori rispetto a quelli di una comune automobile, per la quale il range è compreso tra i 2 e i 2.5 bar. Il Gran Premio del Belgio 2020, ad esempio, vide la Pirelli impostare le soglie minime a 1.44 bar al posteriore e a 1.68 bar all’anteriore. Perché questa sostanziale differenza?


L’esperienza più diretta che una persona comune può vivere riguardo la pressione di una gomma è quella che si prova dopo aver gonfiato lo pneumatico della propria bicicletta. L’operazione di pompaggio permette infatti all’insieme carcassa-camera d’aria di acquistare rigidità; conseguentemente, l’area di contatto dello pneumatico diminuisce, e con essa la resistenza al rotolamento, da cui la sensazione di raggiungere più facilmente le stesse velocità. In Formula Uno, entro certi termini, l’obiettivo è opposto: gonfiando meno lo pneumatico, aumenta l’impronta a terra, il che garantisce più grip e, soprattutto, una distribuzione più omogenea delle temperature.


La Casa della Bicocca, per contrastare gli eccessi delle scuderie, solo da qualche anno impone pressioni minime. La norma ha l’obiettivo di salvaguardare l’integrità dello pneumatico stesso. Meno pressione è presente in camera, meno il gruppo carcassa-mescola-gas è rigido, il che lo espone maggiormente ai carichi, siano essi dinamici o prevenienti da agenti esterni. Il rovescio della medaglia è un generale malcontento dei piloti: una gomma più gonfia è portata ad un surriscaldamento precoce e, come accennato, ad una dinamica di contatto diversa che conduce a usure più veloci e maggiormente disomogenee.


LA PRECEDENTE VERSIONE DI GOMME PIRELLI


Nel 2020 furono impiegate gomme Pirelli che, a livello progettuale, risalivano al campionato 2019. Alla fine di quella stagione la Casa milanese propose infatti di cambiare specifica – dopo aver condotto numerosi test in pista -, al fine di evitare che, per contrastare gli aumenti di carico aerodinamico delle monoposto 2020, le pressioni minime dovessero essere alzate eccessivamente. La carcassa di una determinata specifica di pneumatico è infatti studiata per resistere in un determinato range di sforzo; oltre, diventa inevitabile alzare le pressioni, in modo tale che l’aria sopperisca alla quota parte di rigidezza mancante a causa della struttura metallica.


Le scuderie bocciarono il cambiamento perché questi determinava un nuovo profilo dello pneumatico posteriore, il che avrebbe comportato importanti ripercussioni a livello aerodinamico al retrotreno. La prima corsa di Silverstone dell’agosto scorso - vinta da Hamilton su tre ruote - dimostrò come, indipendentemente dalle pressioni adottate, il prodotto fosse ormai inadeguato ai carichi delle vetture di ultima generazione.


LA SPECIFICA PIRELLI 2021 E LE SFIDE TECNICHE AD ESSA CONNESSE


Per la stagione 2021 verrà quindi introdotta una specifica aggiornata di coperture. Le mescole rimarranno le medesime, dove per mescola s’intende la composizione chimica del polimero che forma la vera e propria porzione ‘gommosa’ dello pneumatico, capace di influenzare durata e grip garantiti dallo stesso. Al contrario, sarà la carcassa delle coperture a subire cambiamenti, con la forma esterna dei treni anteriori leggermente variata mentre quelli posteriori rimarranno inalterati.


Le scuderie hanno avuto modo di provare il nuovo prodotto durante la passata stagione nelle prove libere di Portimao, Al Sakhir e Yas Marina. Diversi piloti si sono lamentati del peso maggiore e, soprattutto, della natura sottosterzante della specifica; va ricordato, però, che le monoposto non disponevano di set-up opportunamente modificati per contrastare tali problemi. Quando la Pirelli non impose alcun piano di lavoro, le squadre procedettero seguendo programmi a volte opposti. La Mercedes, ad esempio, si concentrò sul passo gara mentre la Ferrari, ad Abu Dhabi, strumentò la monoposto di Vettel con un rastrello di nuova concezione proprio mentre montava le gomme aggiornate, probabilmente per valutare gli effetti aerodinamici della forma differente all’anteriore.


L’obiettivo delle coperture 2021 – in concerto alle restrizioni aerodinamiche – sarà quello di permettere un generale abbassamento delle pressioni d’esercizio. Sulla carta, la modifica dovrebbe aiutare tutti i concorrenti, ma è innegabile che l’aumento di grip ‘gratuito’ garantito da una mossa del genere favorirà maggiormente le scuderie più in difficoltà a generare aderenza tramite le qualità della vettura. Inoltre, il riscaldamento più omogeneo dovrebbe rendere più semplice gestire usura e innalzamento delle temperature.


Le incognite tecniche, comunque, non mancheranno. Anzitutto il nuovo profilo all’anteriore dovrà essere correttamente gestito a livello aerodinamico. Secondariamente, la tendenza a generare sottosterzo non andrà sottovaluta: complice la diminuzione di carico al posteriore, l'anteriore andrà bilanciato diminuendo l’incidenza delle ali, il che potrebbe esasperare l'inerzia delle monoposto in entrata di curva.


Parlare di gomme in Formula Uno è un esercizio alquanto complesso che sembra mescolarsi spesso all’alchimia. La sfida, però, non va minimamente sottovalutata: si vocifera, infatti, che nel 2019 il vero problema della Ferrari SF90 fosse stata una scorretta valutazione dell’impatto della nuova spalla ribassata nella generazione del calore interno allo pneumatico.


Un’eventualità da scongiurare per tutti e dieci i progetti 2021.

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