Durante la mattinata di oggi, 2 ottobre 2020, Honda ha annunciato che abbandonerà la Formula 1 dopo la stagione 2021, il che lascia senza una fornitura di Power Unit Red Bull e Alpha Tauri dal 2022. Col Cuore in Gola indaga ragioni e conseguenze di un vero e proprio terremoto per il Circus.
Fino a poche ore fa, la principale preoccupazione in casa Red Bull era capire come risolvere il rebus piloti per il 2021.
Non che fosse un problema di semplice risoluzione, dato che le epurazioni a ritmo continuo di Helmut Marko sono riuscite, nel tempo, a scalfire un’organizzazione pressoché perfetta. Vettel, Ricciardo, Sainz, Vergne, Da Costa, Buemi: non è un caso che i sei prodotti migliori del vivaio austriaco competano, ad oggi, per scuderie che nulla condividono con il marchio di bevande energetiche. Ed è bene ricordare come, tra i quattro piloti di Red Bull e Alpha Tauri, il solo Pierre Gasly abbia seriamente seguito un intero percorso di crescita a tinte argento-blu. Alexander Albon è stato abbandonato ben presto, poco dopo la fine della carriera in kart, per essere richiamato solamente alle soglie dell’entrata in Formula 1, quando la carriera propedeutica del thailandese era ormai terminata e il ragazzo si apprestava a correre in Formula E con Nissan. Max Verstappen, nonostante un fattoide assai diffuso, non ha mai fatto parte del vivaio Red Bull, entrando direttamente in Toro Rosso a sedici anni.
La dirigenza austro-inglese si trova ad un bivio importante (non che la situazione sia destinata a cambiare dopo l'annuncio Honda, semplicemente muteranno le priorità). Confermare Albon, promuovere nuovamente Gasly o andare alla caccia di un pilota ‘esterno’, magari veloce ed esperto come Perez o Hülkenberg? La prima opzione soffre la scarsa competitività del pilota thailandese, le cui prestazioni – soprattutto in termini di risultati – sono paragonabili a quelle che portarono all’epurazione di Gasly nel 2019; la seconda rappresenterebbe un incredibile atto di auto-sconfessione al limite del comico, al di là della fortuita vittoria di Gasly a Monza; la terza ed ultima opzione è la più intelligente e condivisibile, ma non è detto venga percorsa proprio per non abbandonare il credo – limitante – di affidarsi solamente a piloti giovani, possibilmente cresciuti in casa Red Bull.
Insomma, il materiale per tenere impegnate le menti di Mateschitz, Marko e Horner non mancava di certo. L’annuncio Honda è un vero e proprio fulmine a ciel sereno. Perché è vero che l’impegno del costruttore giapponese non si spingeva, ufficialmente, oltre il 2021. La crisi economica post-Covid19 aumentava sicuramente le incertezze, ma non al punto da immaginare un’uscita tanto improvvisa quanto difficilmente giustificabile. La logica suggerirà piccoli aggiornamenti per l’unità 2021, visto l’abbandono a fine stagione, ma sarebbero bastati interventi di poco superiori a traghettare verso il congelamento 2023 una Power Unit decisamente competitiva. In fondo solo Ferrari riprogetterà completamente il motore quest’inverno, il che dovrebbe consentirle di avvicinarsi nuovamente a Mercedes, non certo staccare come nel 2019 l’intero gruppo di motoristi. Gli investimenti richiesti per continuare sarebbero stati ingenti, questo è certo, ma per nulla paragonabili a quelli sostenuti per rendere competitiva la disastrosa versione 2015. Da qui, dalla linearità di questo ragionamento, proveniva la confidenza grazie alla quale, due giorni fa, Horner dichiarava a mezzo stampa l’assoluta fiducia in Honda come partner per raggiungere i titoli mondiali. Oggi ovviamente vi si legge un disperato tentativo di cambiare decisioni imminenti, ma ieri era pura e semplice logica.
Evidentemente in Honda si è ritenuto insoddisfacente il limitato ritorno di immagine che garantisce la presenza come solo motorista in Formula 1. Anche grazie all’aiuto ricevuto dai tecnici Mercedes alla vigilia del 2017, quando Honda cambiò completamente l’architettura della propria Power Unit, mancavano davvero pochi cavalli per rimanere sufficientemente competitivi fino al congelamento delle unità. Il vero problema è che o Verstappen domina – eventualità difficile visto lo strapotere argentato -, oppure commentatori, giornalisti e appassionati identificano la Red Bull con il solo nome della scuderia. Di Honda si parla brevemente in caso di sporadiche vittorie e approfonditamente in caso di rotture. Non è una coincidenza che Daimler abbia, una decina d’anni fa, deciso di spendere enormi somme di denaro per rendere vincente un proprio team: oggi in pista vince la Mercedes, non la McLaren motorizzata Mercedes. In concessionario si comprano vetture con lo stesso, identico logo della monoposto di Hamilton. È questo il passaggio che rende l’avventura in Formula 1 della Stella capace di generare 4 miliardi di dollari l’anno di valore pubblicitario. Honda ne è sprovvista e la prima crisi economica ha fatto sì che abbandonasse il Circus, esattamente come nel 1992, quando le vittorie o le sconfitte di Senna erano legate decisamente più alla McLaren che al costruttore nipponico. Hanno un peso, sebbene relativo, le sfide tecniche dell’industria globale addotte come ragione principale dell’abbandono; da un lato la Formula 1 è ancora un campo di ricerca sufficientemente avanzato, dall’altro la sua principale funzione rimane commerciale.
Red Bull ha recentemente sottoscritto il Patto della Concordia, il che – sulla carta, basta un anno di preavviso per non pagare penali – impegna la struttura anglo-austriaca a rimanere in Formula 1 fino almeno al 2025. Cambiano però le prospettive per gli uomini in blu, dato che da scuderia supportata ufficialmente da Honda tornerà ad essere cliente di una tra Ferrari, Mercedes e Renault. Il che rivoluziona tanto l’impegno economico della scuderia quanto quello sportivo (il discorso vale, ovviamente, anche per Alpha Tauri). La scelta più ovvia sarebbe legarsi nuovamente alla Casa della Losanga, tentando di lasciare da parte gli screzi del passato. Il motorista francese si è sempre dimostrato ipercorretto verso i clienti, molto più che Mercedes e Ferrari, permettendogli di combattere sempre ad armi pari con la scuderia ufficiale. Sarà ancora così o l’ambiziosa gestione De Meo seguirà le orme – spietate ma giustificabili – degli altri due motoristi, favorendo tra l’altro una scuderia (quella di casa, anche se prenderà il nome Alpine) in netta ascesa? Se per caso Red Bull finisse clamorosamente tra le braccia di Ferrari o Mercedes, ciò non escluderebbe un’amara quanto pericolosa verità: già oggi, a parte la monoposto di Verstappen, le vetture gialloblu corrono a centro gruppo. È ormai un dato di fatto pressoché inconfutabile. Senza il supporto ufficiale e semi-esclusivo di un costruttore, potrà mai cambiare la situazione o rimarrà incagliata a questo scoglio destinato a rimanere fermo mentre Mercedes naviga in avanti?
Soprattutto, e qui risiede per i vertici Red Bull il vero dramma dell’annuncio Honda, quanta pazienza avrà Max Verstappen? Quando comincerà a guardarsi intorno colui che, quasi all’unanimità, viene considerato il più forte pilota del gruppo assieme a Lewis Hamilton? Assicurare davvero un futuro a lungo termine con l’olandese sarà di gran lunga la sfida più complessa per Horner & Co.
Ammesso – e non concesso – che patron Mateschitz non voglia staccare del tutto la spina. Quello sì che sarebbe un dramma per la Formula 1.
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