Non serviva un indovino per sospettare che, dopo seicento chilometri passati con il cuore in gola, il terzo Gran Premio di questa stagione si rivelasse tutto sommato noioso. A tratti piacevole, brevemente combattuto nelle posizioni di vertice ma di certo lontano dall’iniezione costante di adrenalina che aveva reso indimenticabili le corse mediorientali.
Il che, è bene precisarlo, rientra perfettamente nell’ordine degli eventi che caratterizza un mondiale di Formula Uno. Immaginare il contrario, come forse è accaduto nei dintorni della sede londinese di Liberty Media, è pura fantascienza. Le monoposto si comporteranno anche meglio in scia, gli pneumatici saranno meno portati al surriscaldamento – anche se l’usura, rimanendo vicini agli avversari, continua a crescere esponenzialmente, e sorprenderebbe il contrario visto che nei primi giri di corsa le vetture sfiorano i 920 kg (!) -, ma il più importante campionato automobilistico del mondo, molto banalmente, risponde solo alla natura dello sport al quale appartiene. In qualunque categoria il motorismo tende ad essere noioso con poche ma fondamentali eccezioni: il sorpasso sudato, i duelli in testa a colpi di decimi, la gara spettacolare condizionata dalla pioggia. Aspettarsi qualcosa di diverso è utopistico – a meno di non esagerare con il DRS – e basta una pista stretta e tormentata come Melbourne per ristabilire la normalità. Neanche una serie monomarca, in Australia, offrirebbe corse memorabili; tenerlo a mente, in futuro, sarebbe alquanto utile soprattutto per gustare ancor di più i momenti ad altissimo tasso di adrenalina, comprendendo quanto buona parte della loro magia risieda proprio nell'unicità.
Tornando a quanto ammirato in pista a Melbourne, il gioco di parole del titolo vuole rimandare al trionfo Ferrari, una di quelle giornate che Enzo definiva le mie gioie terribili. Ovunque si trovi, il Drake avrà comunque sofferto nei rari momenti in cui le vittoria di Leclerc è sembrata in pericolo. Nei primissimi giri Verstappen sembrava poter mantenere il ritmo della F1-75, preparandosi all’attacco in zona DRS, mentre alla ripartenza dalla seconda Safety Car Charles, sporcando leggermente le proprie coperture, si è ritrovato lungo all’ultima curva e affiancato da Verstappen.
In quei lunghissimi attimi, forse per la prima volta dall’inizio della stagione, si è potuta apprezzare in pieno la competitività della Power Unit Ferrari. Il numero 16 ha chiesto massima potenza al sistema ibrido e Verstappen, nonostante fosse appena emerso dalla scia e potesse preparare meglio l’approccio alla prima chicane, non è riuscito neanche ad abbozzare un tentativo di staccata.
Il resto della corsa, nonostante gli evidenti saltellamenti preoccupassero in vista della domenica, si è rivelata una vera e propria sinfonia composta da un pilota perfetto e una F1-75 ultra-equilibrata e magistrale nella gestione gomme. Il terzo giro veloce consecutivo, ottenuto come in Bahrein e Arabia Saudita senza ricorrere a pit-stop appositi, è arrivato durante la tornata finale caratterizzata dai doppiaggi delle due Haas; se l’utilizzo del DRS ha in parte compensato i rallentamenti da aria sporca, il passaggio dal precedente 1.20.8 ad un 1.20.2 è tutto ciò che serve per comprendere la portata del dominio Rosso in Australia.
Dopo il ritiro di Verstappen, e forse anche prima, Leclerc non ha mai spremuto al massimo la propria monoposto, forte di un vantaggio in curva che rende imprendibile la F1-75, in particolare quando il disegno della pista o le condizioni ambientali rendono decisivo il consumo degli pneumatici.
Proprio il significativo innalzamento della temperatura dell’asfalto nella giornata di oggi potrebbe aver mandato in crisi l’assetto della RB18 di Verstappen e Perez. Le Formula Uno di tutte le ere vivono sulla soglia di un equilibrio instabile e spesso, nonostante la logica suggerisca il contrario, un cambiamento nelle condizioni dell’asfalto sottrae aderenza piuttosto che regalarne di più. Il campione del mondo ha sofferto enormemente di usura superficiale (graining) a vettura carica di carburante e seguendo da vicino Leclerc; sulle coperture Hard la situazione è leggermente migliorata ma, molto semplicemente, il ritmo della Ferrari era irraggiungibile.
Se risolvere i problemi di affidabilità sarà la prima preoccupazione dei tecnici Red Bull, data la preoccupante situazione di classifica dell’olandese, la chiave tecnica della stagione degli anglo-austriaci sarà proprio la necessità di migliorare la gestione delle coperture in tutte le fasi del fine settimana. La cura dimagrante prevista per Imola, in tal senso, potrebbe regalare molte soddisfazioni nella ricerca di un equilibrio finora mai sfiorato, se non nella seconda parte della corsa di Gedda.
Equilibrio che, almeno parzialmente, ha reso meno amaro il fine settimana australiano di Russel e Hamilton. I problemi della W13 rimangono enormi, dato che il saltellamento comincia sempre più ad assomigliare ad un velo di Maya, con la Ferrari che stra-vince somigliando ad un canguro mentre le Frecce d’Argento, senza la seconda Safety Car, sarebbero transitate sotto al traguardo a più di un minuto dal monegasco pur saltellando di meno. La tenacia dei piloti e la concretezza della squadra, oltre ad una gestione gomme accettabile, lasciano però accesa la fiammella della speranza che, aggiornamenti dopo aggiornamenti, le Mercedes tornino a giocarsi delle vittorie.
Le Bandiere a Scacchi di domattina (qui) si concentreranno sull’altra faccia della medaglia del fine settimana della Ferrari, ossia l’opaca e sfortunata prestazione di Sainz, e sui numerosi spunti di interesse a cavallo dell’intera griglia di partenza.
Intanto, sempre non vinca la sonnolenza indotta dalle sveglie di uno dei Gran Premi comunque più affascinanti della stagione, lo sguardo passa già ad una Imola mai così tanto attesa dai tempi di Schumacher.
Tempi, anche loro, pieni di noie terribili.
Fonte immagine: Ferrari / Twitter
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