Vuoi per la mancanza di pubblico, vuoi per la scarsa competitività della monoposto a disposizione, il debutto di Mick Schumacher è passato relativamente sottotraccia.
La teoria vorrebbe che il cognome del numero 47 suscitasse attenzioni enormi, pressoché continue, coniugate ad un fardello complesso da lasciarsi alle spalle non solo in sala stampa, ma anche tra i cordoli dei tracciati di tutto il mondo. In parte è stato così: durante i test non è mancata curiosità rispetto alle prestazioni del tedesco, ed alla prima conferenza stampa ufficiale è arrivata, puntualmente inopportuna, la domanda sulle condizioni del padre.
Da quel momento però, complice la compostezza e la ferma eleganza della risposta di Schumi Jr, l’attenzione sul debuttante è andata via via calando. Qualche cuore ha avuto un sussulto all’apparizione della sigla MSC ai lati del televisore, non sono mancati commenti più o meno benevoli ai primi errori, ma generalmente il trattamento riservato a Mick non si è discostato troppo da quello previsto per i colleghi.
La Haas VF21, monoposto tutt’altro che competitiva, svolge senz’altro un ruolo di primissimo piano nel fenomeno. In fondo, in un campionato dove non mancano gli spunti d’interesse al vertice, un calo d’attenzione verso chi viene inquadrato solamente all’inizio del Q1 e nei doppiaggi è quantomeno fisiologico. Al contempo, le palesi difficoltà d’adattamento alla massima serie di Nikita Mazepin, compagno di squadra di Mick, catturano molto spesso lo sguardo delle telecamere, data l’esuberanza con la quale emergono tra un testacoda ed una toccata con le barriere.
Tenendo a mente lo status d’esordiente, la lentezza della monoposto e tutti gli altri possibili fattori, si può provare a scavare a fondo nelle prestazioni di Mick Schumacher, diradando la cortina di fumo che, come accaduto a Russell prima di lui, avvolge chi corre nelle retrovie?
I TEST
Sono solo test. E se a dirlo è l’adagio, dovremmo fidarci. Sono troppe le variabili sconosciute per giudicare le prestazioni di un pilota durante un test di Formula 1. Mescole, quantitativo di carburante imbarcato, modalità d’utilizzo della componente elettrica e miriadi di altri possibili settaggi possono tanto nascondere quanto esaltare il reale valore di un pilota.
Molto più interessante è valutare il chilometraggio accumulato, soprattutto per quanto riguarda un esordiente. Nel caso di Mick Schumacher, inoltre, l’esperienza precedente ai due primi fine settimana nel mondiale assume particolare significato nel confronto con Mazepin; il russo, infatti, fino alla scorsa stagione disponeva di una Mercedes 2017 comprata dal padre e gestita dalla stessa scuderia di Brackley, con la quale accumulare chilometri in test privati sulle piste di tutto il mondo. Nessuno conosce l’esatto chilometraggio, ma potremmo stimarlo superiore ai cinquemila chilometri, dato che in una singola giornata si tende a coprirne almeno trecento, ossia la durata di un Gran Premio.
Non si può certo dire che Mick Schumacher sia arrivato impreparato all’esordio del 28 marzo in Bahrain. Parallelamente, il tedesco si dimostra figlio del suo tempo: il chilometraggio totale risulta ridicolo rispetto agli standard dei primi anni duemila, quando di norma un esordiente arrivava a sommare decine di migliaia di chilometri prima del via.
Confrontando i dati con quelli ipotizzati per Mazepin, ai quali sommare i test 2021 in Bahrain, emerge come Mick possieda tra un terzo e un quarto dell’esperienza del russo al volante di una Formula Uno. Da un lato il raffronto certifica un palese svantaggio per il campione in carica di Formula 2; dall’altro, considerando che qualche addetto ai lavori individua proprio nella differenza tra Haas e Mercedes la fonte principale di noie per Mazepin, la gestione dei test di Mick potrebbe rivelarsi l’ultima scelta indovinata in una serie di decisioni intelligenti in merito alla carriera propedeutica del tedesco, forte dell’appartenenza alla Ferrari Driver Academy e dotato di un management di assoluto valore.
PRIMA CORSA – GP DEL BAHRAIN
Le prove libere del Gran Premio del Bahrain hanno visto Mick Schumacher ondeggiare tra la 18° e la 19° posizione. Sempre in vantaggio su Mazepin, con un distacco medio poco inferiore ai tre decimi al giro, in due occasioni il tedesco è riuscito a sopravanzare anche Nicolas Latifi, particolarmente in difficoltà con il bilanciamento della Williams FW43B.
In qualifica, una volta spremute al massimo le vetture, le differenze tra i pacchetti tecnici hanno prepotentemente cominciato ad emergere. Otto decimi hanno separate le due Haas, relegate in ultima fila a quattro decimi dal 18° (Vettel su Aston Martin); in questo caso, però, il vantaggio di Mick Schumacher è stato amplificato dalla mancanza di un vero e proprio giro pulito per Nikita Mazepin, autore di due testacoda.
Il botto del russo alla seconda curva della corsa rende superfluo qualunque confronto tra i due in merito al ritmo gara. Lo stesso Mick Schumacher, protagonista di un testacoda alla ripartenza dopo la Safety Car, ha gareggiato grosso modo in solitaria per l’intero Gran Premio. Le prestazioni del tedesco non si sono discostate troppo da quelle di Latifi, che fino al ritiro lo precedeva in pista, soprattutto nel secondo stint, quando il gap è rimasto tra i 17 e 19 secondi complessivi, un valore formatosi nella prima porzione di corsa a causa del testacoda e del treno di pneumatici spiattellato. Dato il problema al motore della Williams numero 6, un confronto più veritiero nel finale di gara può essere quello con Russell, mediamente più veloce di 1-1.2 secondi rispetto al tedesco.
SECONDA CORSA – GP DI IMOLA
Ad Imola, complice qualche leggero aggiornamento alla VF21 e un migliore adattamento della monoposto al circuito, la situazione della Haas sembra essere drasticamente migliorata. Ovviamente si intendono sempre posizioni di fondo gruppo, ma almeno i piloti della scuderia statunitense hanno segnato tempi competitivi rispetto agli avversari diretti.
Complici i limiti della pista, Mick ha concluso le prime libere alle spalle del compagno di squadra di sette decimi. Dalla seconda sessione, però, il tedesco ha mostrato un adattamento davvero convincente al circuito romagnolo, segnando il 19° tempo con mezzo secondo di vantaggio sul russo a meno di un decimo dall’Alfa di Raikkonen. Il sabato mattina Schumi Jr ha concluso 16°, mettendosi alle spalle entrambe le Alfa e Latifi, portando il vantaggio su Mazepin a nove decimi; in qualifica ha concluso 18°, con più di cinque decimi sul compagno e a soli quattro da Fernando Alonso, ultimo dei qualificati in Q2.
La corsa, partita con la porzione sud del tracciato allagata, ha visto le due Haas scattare con coperture full-wet. Schumacher, molto cauto alla prima curva, ha passato Alonso (!) all’uscita della Villenueve per poi accodarsi al gruppone, in 16° posizione, una volta entrata in pista la Safety Car.
In questo frangente il tedesco ha compiuto l’errore forse più imbarazzante della sua carriera, sbattendo nel rettifilo principale mentre tentava di mantenere in temperatura le coperture. Anche grazie al lavoro psicologico dell’ingegnere di pista, molto rassicurante nei team radio, appena aperta la pit-lane Mick ha potuto sostituire l’ala e montare le gomme intermedie.
Da quel momento Schumacher, lontano 39.1 secondi da Mazepin e il resto del gruppo ormai ripartito dopo la Safety Car, ha iniziato un rimonta che lui stesso ha definito ‘furiosa, anche eccessivamente, dato che avrei potuto evitare qualche lungo mi fossi ricomposto prima’.
In sette giri, anche a causa della differenza di mescole, Mick ha chiuso a 14.6 secondi il distacco su Mazepin, poi rientrato ai box per montare anch’egli le intermedie. Da quel momento il tedesco ha incominciato a girare su tempi simili a quelli delle Alpine, di Vettel e Tsunoda. Passato alle slick proprio dopo il compatriota dell’Aston Martin, Mick – doppiato due volte visto il grosso distacco iniziale – ha potuto recuperare solo un giro grazie alla bandiera rossa. Conseguentemente, la seconda porzione di gara su pista asciutta ha visto il tedesco impossibilitato a battagliare con i vari Giovanazzi, Tsunoda, Alonso, Raikkonen, Ocon e Perez, anche se i tempi, pur contenendo il distacco entro il secondo, certificano come l’impresa fosse quasi impossibile.
Il confronto maggiormente veritiero diventa quindi quello con Nikita Mazepin, al quale Schumacher ha rifilato 41.131 secondi in 27 giri – nei quali il russo ha però compiuto un lungo e un testacoda -, segnando un miglior giro di un secondo e tre più veloce e alzando il ritmo nel finale per farsi nuovamente doppiare da Verstappen e concludere prima la corsa, scongiurando un possibile guasto alla posteriore destra.
I tempi di Mick, seppur veloci soprattutto nei picchi, mostrano ancora un’eccessiva dispersione attorno alla media, segno di qualche difficoltà nell’estrarre continuamente il massimo dalla vettura e mantenere un passo costante, esercizio tra i più complessi della Formula Uno moderna. Dal 42° al 55° giro, ad esempio, Mick oscilla tra il 20.4 e il 19.5, senza però mai rimanere entro una forbice di tre decimi per più di due giri di seguito. Per avere un metro di paragone, dal 42° al 49° giro i tempi di Sainz sono contenuti in un intervallo di 286 millesimi.
Positivo, negativo o sufficiente? Considerando il materiale a disposizione e la notoria difficoltà ad adattarsi a nuovi campionati, si potrebbe azzardare che le prestazioni di Mick Schumacher siano piacevolmente sorprendenti, almeno fino a questo momento. D’altra parte, non bisogna scordare come il principale metro di paragone del tedesco, Nikita Mazepin, stia vivendo l’esordio più complicato di un pilota da diversi anni a questa parte.
Riuscirà a continuare a sorprendere il giovane Mick?
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