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Immagine del redattoreLuca Ruocco

Perez in Red Bull: più di tutti, rischia lui


La notizia aleggiava nell’aria da qualche giorno, assumendo le sembianze di uno scontatissimo segreto di pulcinella: Sergio Perez, nel 2021, affiancherà Max Verstappen in Red Bull. Evitando di perderci nelle dichiarazioni di circostanza, prevalentemente incentrate nell’addolcire l’amarissima pillola riservata ad Alexander Albon, proviamo ad individuare cause, vincitori e vinti del colpo finale di un mercato piloti rivelatosi, dal divorzio Vettel-Ferrari in poi, altamente spettacolare.


LE RAGIONI DELLA SCELTA


Volendo questo paragrafo potrebbe diventare il più breve della storia di questo blog. Sono mancate, banalmente, le prestazioni. Albon, che nella prossima stagione assumerà il ruolo di collaudatore e terzo pilota per la scuderia di Milton Keynes, a cavallo delle diciassette corse che hanno formato la stagione 2020 non ha mai brillato.


La gara di Abu Dhabi di domenica scorsa ha rappresentato, secondo la stragrande maggioranza degli addetti ai lavori, la migliore prestazione stagionale del thailandese. Sforzando le meningi perché riemergano i ricordi annebbiati dal sonno, a Yas Marina Albon si è qualificato 5° (dietro alla McLaren di Norris), ha superato l’inglese poco prima della Safety Car e, dopo un pit-stop durante la neutralizzazione, ha vanamente inseguito Hamilton avvicinandolo solo nel finale, senza riuscire in alcun modo ad attaccarlo. La corsa del ventiquattrenne è stata ampiamente positiva, evitiamo fraintendimenti; riuscire a contenere il distacco dalle Mercedes ha evitato che il muretto della Stella, nel tentativo di scalfire la resistenza di Verstappen, elaborasse una strategia a due stop per Hamilton o per Bottas. Il mancato ruolo di quarto incomodo, abbastanza vicino alle Mercedes da condizionarne le scelte strategiche, fu la ragione principale per cui Pierre Gasly, dopo Budapest 2019, venne retrocesso in Toro Rosso proprio per fare spazio ad Albon. Evidentemente, il thailandese ha raggiunto troppo tardi l’obiettivo, ammesso e non concesso che, in vista del 2021, la Red Bull cercasse ancora un pilota del genere, utile a permettere qualche vittoria di tappa in più a Verstappen ma non certo a conquistare il titolo Costruttori. Perché questo accada, le vetture giallo-blu devono entrambe precedere, quando possibile, le frecce d’argento.


Sarebbe ingiusto non ricordare la perenne tendenza al sovrasterzo tipica della RB16; parte dei problemi di Albon, incidenti compresi, sicuramente vi trova spiegazione. Il thailandese, inoltre, godeva e con tutta probabilità ancora gode del supporto della famiglia reale Thai, azionista di riferimento del colosso austriaco. Evidentemente, giustificazioni tecniche e sponsorizzazioni dirigenziali non hanno salvato un ragazzo dal potenziale senza dubbio elevato, ma terribilmente incostante e spesso incapace, almeno a mezzo stampa, di analizzare lucidamente le proprie lacune. Quante volte, nel periodo nero tra il podio del Mugello e quello del Bahrain, Albon ha faticato a trovare una valida spiegazione riguardo il distacco patito da Verstappen, evitando accuratamente di ammettere una comprensibile impossibilità di adattamento?


Il ruolo di terzo pilota difficilmente salverà la carriera in Formula Uno del thailandese. I due piloti Alpha Tauri, Gasly e Tsunoda, godono indubbiamente di prospettive migliori, e se Perez dovesse soddisfare appieno le aspettative Red Bull (avvicinare Verstappen quel tanto che basta per lottare seriamente con le Mercedes), difficilmente il messicano lascerà in poco tempo il volante appena conquistato.


CHI ARRIVA A MILTON KEYNES?


Sergio Perez è un pilota indubbiamente di altissimo livello. La stagione 2020, impreziosita dalla vittoria di Sakhir, ha dimostrato ai meno attenti (compreso chi scrive) l’esatto valore del messicano, un talento che va oltre la magistrale gestione delle coperture in gara.

Analizzando la carriera del pilota nato a Guadalajara trent’anni fa, si nota come in tre sole occasioni abbia conquistato meno punti del compagno di squadra: la stagione d’esordio in Sauber (Perez ha ammesso come sia stato proprio Kamui Kobayashi a spingerlo verso uno stile di guida rispettoso degli pneumatici), il confronto con l’iridato Button in McLaren nel 2013 e la prima stagione di coabitazione con Hülkenberg in Force India. Dal 2015 in poi Sergio non ha mai perso un confronto interno, conquistando podi praticamente ad ogni corsa folle che vedesse scalfita l’egemonia dei top-team.


Se quindi è impossibile da un lato discutere il pilota, dall’altro è lecito chiedersi perché l’opportunità di guidare per un top-team arrivi solo all’undicesima stagione in griglia di partenza. La valigia considerevole che ha sempre accompagnato il messicano, finanziato dal magnate delle telecomunicazioni Carlos Slim, ha sicuramente aperto diverse porte nelle squadre di medio-bassa classifica. Al contrario, è significativo ricordare come la McLaren del 2013, prima ed unica scuderia di vertice ad aver dato un’occasione a Perez, fosse sostanzialmente priva nella livrea degli sponsor personali di Checo. L’arrivo di un pilota in una squadra di vertice può coincidere con l’avvento di partnership commerciali a lungo termine (Santander-Alonso-Ferrari l’esempio più immediato); difficilmente, però, queste sono causa principale del matrimonio stesso.


La ritrosia dei top-team nel mettere sotto contratto Perez, risultati alla mano, ha fondamenta diverse e forse ingiustamente durature. Il messicano faceva parte della Ferrari Driver Academy nel 2012, quando accettò l’offerta di Ron Dennis per sostituire Hamilton in McLaren. Un anno dopo Sergio si ritrovò senza un sedile, costretto ad imbarcarsi in un progetto di portata del tutto differente. Dati prestazionali alla mano, la vicenda non seguì un filo logico, almeno dal punto di vista prestazionale. Le indiscrezioni dei tempi, però, dipingevano Perez come arrogante, immaturo ed eccessivamente confidente nei propri - sorprendenti - mezzi. A quasi dieci anni di distanza rappresentano una spiegazione plausibile ma in prospettiva scorretta, data l’evidente maturazione che ha coinvolto il messicano, sia dentro che fuori la pista.


CHI RISCHIA DAVVERO


La velocità pura, la concretezza, la costanza nei risultati e una sensibilità tecnica decisamente elevata rendono Perez il pilota perfetto per affiancare Verstappen nel 2021. La durata del contratto, non meglio specificata dai primi comunicati dove si fa riferimento alla sola stagione 2021, in caso di risultati positivi facilmente comprenderà i primi anni delle nuove monoposto ad effetto suolo, durante i quali una coppia di piloti esperta potrebbe rivelarsi una carta vincente. La mossa Red Bull, in sostanza, appare logica e con buone probabilità vincente. Il futuro di Albon, allo stesso tempo, sembra segnato. Chi rischia, allora, nell’operazione?


La risposta è quanto mai banale: più di tutti, Sergio Perez. Il mondo Red Bull fa parte di una galassia Verstappen-centrica; il vivaio austriaco, dopo anni di magra, sembra nuovamente capace di produrre giovani piloti competitivi. Insomma, il futuro della scuderia – dal punto di vista dei piloti, non certo dei motori – appare roseo. Chi ha messo in gioco il proprio avvenire è il messicano. Al picco della propria carriera in Formula Uno, il pilota di Guadalajara si appresta ad affrontare il più ostico dei compagni di squadra. Con ogni probabilità Perez reggerà il confronto ricoprendo egregiamente – e con qualche soddisfazione – il ruolo di secondo pilota. Se però, clamorosamente, non dovesse essere così? Sergio diventerà un pilota mediocre nel giro di poche gare o si scoprirà il valore reale della Red Bull, una monoposto esaltata ed esaltabile dal solo Verstappen?


La sfida più grande, in fondo, è proprio quella di Sergio stesso. Non resta che augurargli buona sorte.

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