‘ La FIA annuncia che, dopo approfondite investigazioni tecniche, ha concluso le proprie analisi riguardanti l’operatività della Power Unit di Formula 1 della Scuderia Ferrari ed ha raggiunto un accordo con il team. Le specifiche dell’accordo rimarranno tra le parti. La FIA e la Ferrari hanno concordato diversi impegni tecnici che aiuteranno a migliorare il monitoraggio delle Power Unit di Formula 1 nelle prossime stagioni, così come l’assistenza alla FIA in altri ambiti regolamentari in F1 e le attività di ricerca sulle emissioni di carbonio ed i carburanti sostenibili.’
Davvero si pensava che un comunicato del genere non avrebbe scatenato le proteste delle scuderie motorizzate Honda, Mercedes e Renault? Perché in realtà ammettiamolo, almeno a porte aperte del motore Ferrari non si sentiva più parlare da tempo. È bastato un comunicato scritto in maniera quantomeno fumosa per scatenare le più svariate illazioni: una Power Unit Ferrari completamente riprogettata in tre mesi (altro che flussometro, se fosse davvero così dovrebbero preoccuparsi e non poco gli ingegneri avversari), accordi sottobanco che nascondono colpe meritevoli di squalifiche dall’intera stagione 2019, le annose accuse di collusione tra FIA e Ferrari risalenti al periodo Schumacher che risalgono a galla prepotentemente, soprattutto in determinati ambienti.
Di santi, in F1, non ce ne sono. È inutile prendersi in giro. Ognuno sfrutta il regolamento fino a dove è permesso ed oltre, sfociando nelle cosiddette zone grigie, fino a quando non viene scoperto dalla FIA o dagli avversari. I quali hanno due possibilità per smascherare i concorrenti: sporgere reclamo dopo un GP – ed a questo punto ne Mercedes ne Red Bull, le vere protagoniste della crociata contro la Ferrari, sono mai arrivate -, oppure chiedere chiarimenti tecnici all’ente regolatore riguardo una soluzione della quale si dubita la legalità. Se la FIA ritiene il marchingegno aderente alle regole, lo comunica alla scuderia senza rendere pubblica la questione. Al contrario, emana una direttiva tecnica che chiarifica, per tutti i concorrenti, l’illegalità di una determinata pratica. Esattamente quest’ultima eventualità accadde prima del GP di Austin nel 2019: in seguito al chiarimento della FIA riguardo alla possibilità di aggirare la lettura del flussometro e di sfruttare l’olio degli accessori in camera di combustione, la Ferrari sembrò perdere competitività sui rettifili. Il che portò la FIA a requisire una Power Unit della rossa, una della cliente Haas ed anche un esemplare Honda al fine di intraprendere ulteriori indagini. I cui risultati (non) sono stati comunicati venerdì scorso.
Ora, è importante chiarire qualche aspetto della vicenda. In nessun momento, ne durante la passata stagione, ne nel comunicato apparso alla fine dei test, si è accennato ad aspetti illegali della Power Unit Ferrari. Fino a prova contraria, perciò, il team di Maranello non ha violato alcuna norma del regolamento. Al contempo, il comunicato è stato scritto, intenzionalmente o meno, in modo tale da far sorgere più di un dubbio a riguardo. Ipotizziamo una situazione alla quale mi sembra assurdo credere: il motore della SF90 era palesemente illegale ed in cambio delle più disparate concessioni si è raggiunto un accordo per sotterrare la vicenda. Perché non farlo completamente? Perché mettere a repentaglio la propria reputazione, lasciando perdere quella Ferrari per un momento, lasciando anche solo immaginare a chiunque si interessi di Formula 1 che l’ente regolatore non ha squalificato un concorrente palesemente fraudolento? Possiamo anche contemplare istinti masochistici acuti in quel di Place de la Concorde, ma arrivare a tali livelli avrebbe del comico. Molto, molto più probabile è che la FIA sospettasse un utilizzo spinto di alcune zone grigie del regolamento, tale per cui, se confermabile al di là di ogni ragionevole dubbio, sarebbe stato necessario correggere qualche ‘baco’ regolamentare. Il tutto, però, avrebbe richiesto analisi maggiormente approfondite e tempi lunghissimi. Al contrario, la FIA ha collaborato con la Ferrari per concludere la vicenda, trovando metodi efficaci per prevenirla ed evitando di indagare quanto lo sfruttamento del grigio nella Power Unit italiana tendesse al nero. Ed è qui che casca l’asino: perché non dirlo? Perché non scrivere il comunicato, per quanto in politichese, in modo tale da spiegare una situazione del genere? Al di là dei toni minacciosi della lettera dei sette team che chiedono maggiore chiarezza riguardo alla vicenda, è comprensibile parole del genere possano per lo meno instillare dubbi negli avversari della Ferrari.
Secondariamente, è fondamentale ricordare come la FIA abbia, secondo regolamento, tutto il diritto di agire come ha fatto sin qui. Raggiungere un accordo con una scuderia e non divulgarlo è prerogativa dell’ente regolatore. Le sette scuderie vogliono portare in tribunale la vicenda? Non sembrano altissime le probabilità di successo di un’azione del genere.
Infine, molto brevemente, sarebbe utile ragionare sui dati certi riguardanti la Power Unit Ferrari 2020. Riprogettazione (sigh) o meno, lo stesso Binotto ha dichiarato che qualche cavallo rispetto al 2019 manca. A vantaggio, però, dell’affidabilità. Se si prestasse maggiore attenzione alle parole dei protagonisti, inoltre, ci si ricorderebbe dello stesso ingegnere reggiano che racconta, durante la presentazione, di quanto sia stato sfidante adattare l’unità propulsiva alle nuove regole sul consumo dell’olio: da 0.6 litri per 100 chilometri alla metà, 0.3. Qualcosa che rivoluziona completamente la ricerca in merito sia a prestazioni - i costruttori continueranno, per quanto possibile, a bruciare olio in camera - che ad affidabilità. La Mercedes stessa ne sa qualcosa, dato che Hamilton e Bottas hanno passato l’ultima giornata catalana sbuffando olio all’uscita di tutti i tornantini pur di non rompere il propulsore, pratica che immaginiamo sia il cavallo di battaglia del progetto ‘zero emissioni di carbonio per il team Mercedes F1’ annunciata l’altro ieri.
Tornando ad un concetto espresso in precedenza, di santi in F1 non ne esistono. Non da ora, non dal 2013 (quando Mercedes era tanto sicura della legalità dei test sulle gomme intra-stagionali, portati a termine sfruttando un baco regolamentare, da far girare Hamilton e Rosberg con un casco nero), non dal 1950. Se la Ferrari ha smesso di sfruttare una zona grigia delle norme, tanto meglio per gli avversari che avranno una preoccupazione di meno. Fosse stata palesemente illegale, non dubitiamo la FIA avrebbe preso provvedimenti. Altrimenti, tanto vale salutare il carrozzone e non seguire più le corse. Quanto poteva essere gestito meglio, senza ombra di dubbio, era la comunicazione in merito alla vicenda. A meno che l’obiettivo non fosse un altro. Come diceva Enzo Ferrari: purché se ne parli. Buono show a tutti.
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