Il racconto del Gran Premio del Belgio 1995 è la prima puntata di un viaggio che, in quattro tappe, ripercorrerà alcune delle più belle corse disputate in uno dei teatri d’eccellenza per il Circus iridato. Non perdete, giovedì prossimo, la meravigliosa avventura di Jim Clark nell’edizione 1963.
Spa-Francorchamps. Il circuito più bello al mondo. L’università della Formula Uno. Il luogo dove vincere cambia una carriera.
Nulla a che vedere con il glamour di Monaco o la folla in tripudio di Monza. Niente cena nella Rocca per il vincitore, nessuna marea Rossa sotto il podio. Al massimo un miscuglio di magliette, felpe e cappellini tutti diversi, tutti accumunati dal coprire persone sporche di fango dalla cinta in giù, reduci da un fine settimana tra tende, fiumi di birra e gelo notturno. La gloria che offre Spa è completamente diversa: quando trionfi tra le Ardenne non sei né il più preciso tra i muretti né il più adorato tra i piloti. Semplicemente, sei il migliore.
Lo certificano i curvoni di Puhon, Stavelot e Blanchimont. Te lo assicura la celeberrima, stupenda e pericolosissima piega in salita di Eau Rouge–Raidillon. Con tutta probabilità, te lo ha confermato qualche giro con l’asfalto a tratti inondato, a tratti perfettamente asciutto e in mezzo umido e pieno di monoposto parcheggiate oltre il guard-rail, relitti di chi ha provato a resistere alla pista più complessa, sfidante e bastarda del campionato.
Spa è l’Occasione di tutta una stagione. In quarantaquattro giri si può ottenere un volante per il campionato successivo come si può definitivamente perderlo. In trecento otto chilometri vissuti a medie spaventose, soprattutto se diluvia, si può e si deve riaprire un campionato.
Il 27 agosto 1995, sulla griglia di partenza del Gran Premio del Belgio, a sperare che sia così è Damon Hill. L’inglese, al volante della Williams FW17, deve recuperare 11 punti in classifica su Michael Schumacher, il campione in carica avviato ad un bis che avrebbe del clamoroso. Non tanto per il talento del tedesco, esploso proprio sulla pista delle Ardenne quattro anni prima, quanto per la monoposto che guida: la Benetton-Renault. Una vettura ottima, soprattutto da quando monta il V10 transalpino, ma non certo all’altezza della regina dell’epoca, disegnata da Adrian Newey. Basta spulciare distrattamente i risultati delle qualifiche di ognuna delle prove precedenti: a volte Michael resiste alle Williams di Hill e Coulthard, altre contiene il distacco entro il secondo, mentre il compagno di squadra Herbert, spesso, lotta per entrare tra i primi dieci lontano più di due secondi.
La gara in Belgio, dicevamo, può riaprire il campionato. Al sabato mattina, durante le terze libere, Schumi ha sbattuto nel punto più alto del tracciato, all’uscita della chicane di Les Combes. Le riparazioni lo hanno tenuto fermo ai box durante i primi minuti della qualifica, gli ultimi ancora asciutti. Chi ha indovinato il tempo d’uscita, come le Ferrari di Berger e Alesi, si schiera in prima fila; chi ha tentato di rimediare all’ultimo, come Hill, ha limitato i danni finendo 8°. Michael è 16°. Realisticamente, una buona rimonta lo può condurre, al massimo, al 3° posto. Molto più probabile sia il 4°, o addirittura il 5°, considerando il prevedibile dominio Williams e la recente crescita della Ferrari, vittoriosa in Canada poche settimane prima.
Per il figlio del grande Graham è davvero l’ultima, seria occasione di rimonta per il titolo iridato. La vittoria in Ungheria, quattordici giorni prima, ha ridato morale dopo la figuraccia di Silverstone, dove Damon è caracollato su un incolpevole Schumacher spedendo entrambi fuori. Non basta, però, un sorriso temporaneo: serve convincersi di essere al livello dell’erede di Senna, oltre che dimezzare (almeno) il distacco in classifica.
Al via non piove, anche se il cielo non promette nulla di buono. Nuvoloni neri si stagliano imponenti oltre La Source, dando l’impressione di essere in rapido avvicinamento. Tutti i piloti si chiedono se chi li affianca abbia imbarcato carburante per compiere una o due soste; a meno che non piova, la variabile strategica principale sarà quella.
Berger scatta malissimo dalla Pole. Lo passano Alesi e Herbert, che prende la testa della corsa infilando all’esterno il francese della Ferrari in fondo al rettifilo del Kemmel. Jean restituisce il favore un giro dopo, provando ad involarsi nella speranza (infondata) che le Williams perdano tempo nel traffico. Alla quarta tornata Coulthard e Hill sono già 3° e 4°. Procedono in coppia, rimontando senza grossi problemi.
Il sogno dei tifosi del Cavallino dura pochissimo: Alesi, al posto di affrontare la frenata della Bus Stop, proprio in quel giro tira dritto verso la corsia box, ritirandosi a causa di un problema alla sospensione posteriore sinistra.
Al 6° giro Herbert viene attaccato da Coulthard. Tentando di resistere l’inglese finisce lungo a Les Combes, si gira nell’erba e riparte terzo, per poi essere attaccato dopo pochi chilometri da Berger, toccato e spedito nuovamente nel verde, oltre che a metà classifica. Il ferrarista, che non ha ritmo, prosegue ben distanziato dalle Williams di Coulthard ed Hill, le quali già pregustano una doppietta.
La Rossa, spinta da un melodioso V12, è molto difficile da sorpassare, così dietro all’austriaco si forma un trenino. La prima carrozza ha le sembianze di Eddie Irvine, su Jordan-Peugeot. La seconda è azzurra, bianca, gialla e blu. Ha dipinto il numero 1 sul musetto. Michael Schumacher, al 7° giro, è già quinto.
Il tedesco rimane bloccato dietro ai due per qualche tornata. Forse sta risparmiando carburante in vista di un solo pit-stop, forse aspetta che la pioggia, ormai presente a tratti, s’intensifichi. Comunque, è lontano 20'' da Coulthard. Rompe le righe solamente all’undicesimo passaggio, infilando clinicamente Irvine alla Bus Stop.
Al 14° giro si ritira David Coulthard, complice il KO della trasmissione montata sulla sua FW17. Hill prende il comando, fermandosi un giro dopo per la sua prima sosta assieme a Berger (che si ritirerà al 19° passaggio). Schumi continua solamente per tre tornate; è anche lui sulle due soste, quindi, e rientrando in pista non riesce a scorgere l’avversario per il titolo, 14’’ più avanti.
Nonostante le premesse ci siano tutte, ormai, con i due contendenti 1° e 2°, la gara non sembra poter regalare grosse sorprese.
A metà della ventesima tornata, però, Spa ricorda di essere Spa. Sulle Ardenne si scatena un temporale, che in pochissimi minuti bagna l’intero rettifilo del Kemmel e gran parte della porzione centrale del tracciato, la più guidata. Hill, come moltissimi colleghi, rientra subito ai box. Schumi no. Lui continua con le coperture d’asciutto.
Ora si tratta solamente di capire chi ha le gomme sbagliate.
Tutti gli indizi indicano il tedesco. Micheal fatica a tenere dritta la vettura in rettilineo. Solleva acqua dalle gomme slick, prive d’intagli, segno che la pista è seriamente inzuppata in alcuni tratti. In mezzo giro Hill è su Schumacher, nonostante una sosta in più.
È in questo momento che si compie un vero e proprio miracolo sportivo. Per poco meno di quindici chilometri, l’asso di Kerpen chiude ogni singola porta su Hill. Eau-Rouge, Fagnes, Stavelot, Blanchimont: per due tornate Micheal sceglie traiettorie perfette senza mai perdere il controllo. La chiusura a Les Combes al giro 22, in fondo al rettilineo, è da pura fantascienza, con il tedesco, su slick, capace di frenare più tardi di un pilota dotato di gomme da bagnato.
Ai box, sulle tribune e a casa, milioni di appassionati rimangono incantati davanti ad una vera e propria lezione di guida. Non importa che alla fine Schumi esageri, finendo lungo al giro 23 e aprendo la porta ad Hill. La pioggia ormai è passata e, nel giro di pochi minuti, il tracciato si asciuga. Alla tornata 25 la Williams deve nuovamente dirigersi verso i box, dove imbarca il carburante necessario a terminare la corsa. Rientra in pista a 35’’ dall’avversario, che molto più leggero s’invola verso una seconda sosta durante la quale non avrà pericolo di perdere la posizione.
Poco interessa del resto della corsa. Dopo una magia del genere Schumi, banalmente, non può perdere. E infatti non perde.
Per la cronaca, al giro 28 si scatena un diluvio, stavolta davvero portentoso. Quasi tutti i piloti sono dotati di gomme d’asciutto, e così la direzione gara richiama in pista la Safety Car (durante la quale la Tyrrell di Katayama va a sbattere, tanto è complesso rimanere in strada). Si riparte dopo sette giri, e i vari cambi gomme, su una pista allagata. Hill, nonostante si sia potuto riavvicinare a Schumacher durante la neutralizzazione, deve salutare ben presto i sogni di rimonta: gli viene comminata una penalità per essere transitato troppo veloce in corsia box, la sconta e, mentre tenta di recuperare sulla Ligier di Brundle (2°, infine sorpassato al penultimo giro), si gira da solo a La Source. Più indietro, Frentzen dà spettacolo al volante della Sauber-Mercedes, finendo 4°.
Schumi trionfa concedendosi un vero e proprio giro d’onore nel finale, durante il quale perde 10’’ su Hill, distaccato di 20’’ al traguardo. L'inglese, nel parco chiuso, tenta di catechizzare Michael, a suo dire scorretto nel duello di metà gara. Schumi lo ascolta e guarda altrove, lasciandosi scappare un sorriso beffardo.
Da sedicesimo a primo. Montando le gomme sbagliate.
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